Introduction: Malignant pleural mesothelioma (MPM) is a rare malignant disease, and the understanding of molecular pathogenesis has lagged behind other malignancies.
Methods: A series of 123 formalin-fixed, paraffin-embedded tissue samples with clinical annotations were retrospectively tested with a commercial library kit (Ion AmpliSeq Cancer Hotspot Panel v.2, Life Technologies, Grand Island, NY) to investigate 50 genes plus other two, BRCA1-associated protein-1 (BAP-1) and neurofibromatosis-2 (NF2), frequently altered in MPM. DNA was obtained from tissues after manual microdissection and enriched for at least 50% cancer cells. Variations affecting protein stability or previously correlated to cancer, more frequently identified (≥25 patients with at least 10% of allelic frequency), were subsequently evaluated by Sanger sequencing. Immunohistochemistry staining for BAP1 and NF2 proteins was also performed.
Results: The commonest genetic variations were clustered in two main pathways: the p53/DNA repair (TP53, SMACB1, and BAP1) and phosphatidylinositol 3-kinase–AKT pathways (PDGFRA, KIT, KDR, HRAS, PIK3CA, STK11, and NF2). PIK3CA:c.1173A>G mutation, STK11:rs2075606 (T>C), or TP53:rs1042522 (Pro/Pro) was significantly associated with time to progressive disease (TTPD; all p values < 0.01). Furthermore, the accumulation of genetic alterations correlated with shorter TTPD and reduced overall survival (TTPD p value = 0.02, overall survival p value = 0.04). BAP1 genetic variations identified were mainly located in exons 13 and 17, and BAP1 nonsynonymous variations were significantly correlated with BAP1 protein nuclear localization.
Conclusion: Next-generation sequencing was applied to a relatively large retrospective series of MPM using formalin-fixed, paraffin-embedded archival material. Our results indicate a complex mutational landscape with a higher number of genetic variations in the p53/DNA repair and phosphatidylinositol 3-kinase pathways, some of them with prognostic value.
La ricerca italiana segna un passo avanti contro il mesotelioma, il tumore associato alla esposizione all'amianto: una nuova tecnica individua infatti i geni responsabili della rapidissima progressione e della ridotta sopravvivenza (pari all'8 per cento in tre anni) in questo tipo di neoplasia, e in questo modo le terapie a bersaglio potranno rivelarsi più efficaci. La tecnica si chiama "sequenziamento mirato di nuova generazione" (Ngs) ed è stata utilizzata per la prima volta dal dipartimento di Oncologia dell'Università di Torino in collaborazione con l'ospedale Santi Antonio e Biagio di Alessandria. Lo studio, condotto dall'Università di Torino, è pubblicato sul "Journal of thoracic oncology", la rivista dell'Associazione internazionale per lo studio del carcinoma polmonare.
"Abbiamo utilizzato un approccio mirato - spiega Giorgio Scagliotti, direttore del dipartimento di Oncologia e primo autore dello studio - per valutare retrospettivamente alterazioni in 52 geni, fra quelli più frequentemente mutati nei tumori, in 123 pazienti con mesotelioma maligno della pleura in stadio avanzato. Il sequenziamento di nuova generazione è un metodo affidabile: si concentra infatti su un gruppo specifico di geni invece di ricorrere al più complesso sequenziamento dell'intero genoma. Questo procedimento ha il potenziale per descrivere il tipo, la posizione e il numero di mutazioni genetiche nel mesotelioma e consente di identificare associazioni con
le caratteristiche del paziente, compresi i dati di sopravvivenza".
Grazie alla nuova tecnica dunque, sottolinea Scagliotti, sarà possibile valutare il ruolo delle terapie a bersaglio molecolare in una neoplasia particolarmente aggressiva. Nel 2014 in Italia sono state stimate 1.800 nuove diagnosi di mesotelioma: nella maggior parte dei casi la malattia è diagnosticata quando è già in fase avanzata e le opzioni terapeutiche sono limitate.