dal master AIST 2009 -Formazione professionale in counseling interpersonale nella relazione d'aiuto con pazienti oncologici- ( a Bardolino- VR) la relazione del 25 ottobre 2009 su :
LA VERITA’ E LA SPERANZA IN ONCOLOGIA
Scriveva la grande poetessa americana Emily Dickinson
“ The hope is a strange invention
A patent of the heart
: “la speranza e’ una grande invenzione
un brevetto del cuore…”
o ancora:
“ hope is the thing with feathers
that perches in the soul
and sings the tune without the words
and never stop- at all-
“la verità e’ una cosa piumata
Che si viene a posare sull’anima
Canta melodie senza parole
E non smette - mai -“
E sulla verita’ ascoltiamo i versi del grande poeta italiano Cesare Viviani :
“Non si mostra ne’ si nasconde la verita’
E’semplice, nitida
Indifendibile, parla
Non per bocca di alcuno
Dice la conoscenza che c’è proporzione
Tra sofferenza e riscatto: la verita’
Dice che non ce n’è”
Quanta verità è giusto dire ai malati di cancro? Dire la verità significa togliere la speranza?
Può esistere una speranza anche se la verità e’ che non si potrà più guarire ?
Tante sono le domande che possiamo porci .
Intanto, una speranza viene dalla verita’ dei numeri : complessivamente una personas su due e’ viva a 5 anni dalla diagnosi di tumore , una persona su due dunque ce la fa : riparte, riprogetta la propria vita, raggiunge nuovi traguardi ( nella carriera , il matrimonio o la laurea di un figlio , una pensione con un pò di tempo per i propri interessi…) Negli Stati Uniti il miliardario benefattore Richard Bloch, sopravvissuto per anni ad un tumore polmonare e deceduto nel 2004, ha fatto costruire a sue spese piazze disseminate in molte città americane dedicate ai “ cancer survivors” intitolate “Cancer : there is Hope” ; in quella che si può ammirare a New Orleans ci sono gruppi di persone che attraversano delle grandi strutture simili a cornici di un quadro e poi riprendono il loro cammino verso la vita .
C’e’ poi la verità dei grandi progressi che sono venuti negli ultimi anni dalle terapie molecolari o target - nel senso che sono mirate verso un particolare obiettivo cellulare- ; questi innovativi trattamenti stanno facendo balenare un futuro in cui la chemioterapia avrà un ruolo marginale : molti passi devono ancora essere fatti, ma il futuro e’ questo e già oggi molti tumori con queste terapie sono cronicizzati , resi inoffensivi
E per tutti i malati, che ben conosciamo , in cui la malattia tumorale prende il sopravvento?
C’e ancora spazio per la speranza ?
Ancora Richard Bloch:
“ non si tratta di dare false speranze ai malati di cancro : la speranza e' unica per ogni individuo come un'impronta digitale. Per qualcuno la speranza e' ottenere una guarigione completa; ma potrebbe essere anche la speranza di morire in pace; la speranza di vivere, finche' un particolare accidente non avvenga; la speranza di vivere con la malattia; la speranza di avere il proprio dottore vicino a se' quando occorre; la speranza di un po'di gioia, oggi"
Occorre bilanciare, coi malati in fase avanzata , la speranza con l’onesta’ .
Molti pazienti sono capaci di dare un senso alla speranza a dispetto della conoscenza della propria inguaribilità: e’ rimasto famoso un lavoro di un ricercatore americano dell’Universita’ dell’ Illinois, il dr.Albrecht ,che aveva intitolato il suo studio “ The Disability paradox : high quality of life against all odds”: il paradosso della disabilità , per cui i pazienti disabili che spesso riprogettavano la propria vita nonostante e al di là delle menomazioni vivevano un particolare soddisfazione per non aver mollato, per aver conquistato una personale armonia possibile tra corpo, mente e spirito, ritrovandola in se stessi
Per i malati oncologici c’è un fattore che è di ulteriore complicazione e consiste nel fattore tempo : questi malati sanno che non ne hanno tantissimo a disposizione e comunque e’ ancora possibile trovare “ gioie oggi” , darsi degli obiettivi raggiungibili( riuscire a dare ai propri figli insegnamenti che crediamo possano essere utili nella loro vita futura, riappacificarsi con qualcuno per cancellare assieme presunti torti che risultano essere alla fine poca cosa , godersi un avvenimento sportivo importante , rileggersi magari l’Amleto per l’ultima volta…)
Dobbiamo provare , noi operatori sanitari che stiamo vicino a questi malati , ad aiutarli a ritrovare quella che possiamo la “ scoperta del senso ” in cio’ che avviene , anche quando sembra non essercene alcuno, anche quando l’angoscia ci assale. Lo sappiamo, come dice Viviani, la verita’ ci dice che tra sofferenza e riscatto non c’è proporzione ma sta a noi ridurne il peso dell’”ingiustizia”, senza paura , con l’aiuto degli altri.
Il grande psichiatra canadese Harvey Cochinov , dell’Università di Manitoba, parla della “ dignity therapy”, della terapia della dignità : preservandola per quanto possibile in ogni aspetto,anche alla fine della vita, ridiamo fiato alla speranza di finire la nostra vita nella pace : morire e’ un destino ineluttabile per tutti noi , che almeno possa avvenire , a fronte di malattie molto impegnative per il nostro corpo fisico, in armonia con il nostro spirito più autentico .
Dr.Roberto Magarotto
:::::: Creato il : 25/10/2009 da Magarotto Roberto :::::: modificato il : 25/10/2009 da Magarotto Roberto ::::::