Un Precursore
Nei primi decenni del ' 900 il pensiero di René Leriche anticipò molte idee dell' odierna medicina Ai suoi tempi (e non solo) la sofferenza era considerata «inevitabile»
Il chirurgo che decise di dare un taglio al dolore
Il dolore dei pazienti era al primo posto nel suo lavoro e nella ricerca, perché andava contrastato con tutti i mezzi disponibili e non solo con qualche blando rimedio
Rene' Leriche 1879-1955
C he cos' è il dolore? La domanda richiamò l' attenzione del selezionato pubblico riunito per ascoltare le lezioni, nel 1936, del Collège de France , uno dei più prestigiosi organismi scientifici internazionali, fondato nel 1530. A tenere quelle lezioni sul dolore era René Leriche, chirurgo chiamato nel Collège dal professor Charles Nicolle, Nobel per la medicina e la fisiologia nel 1928 (deceduto in quello stesso 1936). Che il tema fosse affrontato da un chirurgo era davvero un' eccezione. René Leriche, d' altra parte, era un chirurgo speciale che, al contrario dei suoi colleghi, credeva che il dolore fosse una vera e propria malattia, non un semplice sintomo da sopportare con rassegnazione. Una malattia che andava combattuta con tutti i mezzi disponibili e non solo con l' aiuto di qualche blando rimedio. Per questo il dolore dei pazienti era al primo posto nel suo lavoro quotidiano e nella ricerca. Leriche cercava di comprenderne le cause per curarlo meglio e spingeva i medici ad avere una maggiore attenzione verso la sofferenza, come rileva anche la filosofa dell' Università di Parigi Lucie Rey, studiosa del pensiero del chirurgo francese. Che sarà ricordato, infatti, come " le chirurgien de la douleur ", il chirurgo del dolore. R ené Leriche, professore a Strasburgo, collega e amico di Alexis Carrel - Nobel per la Medicina nel 1912 per i suoi lavori sulla sutura vascolare e trapianto dei vasi sanguigni e degli organi -, è considerato tra i pionieri della chirurgia vascolare e degli studi sull' aterosclerosi. La sua scuola a Strasburgo formò alcuni importanti protagonisti della chirurgia vascolare, tra i quali Michael De Bakey, uno dei fondatori della moderna cardiochirurgia. «Per chi non ha alcun dolore - scriveva Leriche nella sua opera La chirurgie de la douleur , del 1937 - quello più facile da sopportare è quello degli altri. Vorrei chiedere, a quanti sottovalutano l' importanza del dolore, di passare qualche giorno a contatto diretto con chi soffre di dolori ricorrenti, gli amputati, i pazienti affetti da tumore, per comprenderne la reale sofferenza, prima di parlare...». Vicino al pensiero del grande fisiologo e farmacologo francese Claude Bernard, autore della "Introduzione allo studio della medicina sperimentale", dava ampio spazio alla pratica clinica quotidiana. «Il mio obiettivo - sosteneva - è quello di suscitare dei problemi, per far riflettere, per stimolare alla ricerca coloro che amano osservare, affinché nelle loro menti e nelle loro azioni si smuova la partecipazione quotidiana al dolore umano». Il dolore spesso condiziona la vita, anche in casi clinici semplici. Ad esempio, Luigi XIV, il mitico Re Sole che regnò in Francia dal 1643 al 1715, soffriva di pulpite e di frequenti gravi infiammazioni gengivali e per questa ragione perdeva i denti per carie non curate e con grandi sofferenze. «Se avete avuto un mal di denti - diceva Leriche ai suoi allievi - voi capite che vuol dire. Si può pensare che in quel tempo il dolore alla polpa dentale non fosse altrettanto doloroso come adesso?». Ma combattere il dolore, significa anche adottare tecniche chirurgiche più moderne: privilegiare la conservazione degli organi invece dell' asportazione, evitare perdite di sangue, prestare attenzione alle sofferenze postoperatorie. Nell' opera La chirurgie à l' ordre de la vie (La chirurgia al servizio della vita), del 1944, anticipando le moderne tecniche di trapianto e sostituzione di organi, Leriche non esitava ad affermare, in controtendenza con le pratiche del suo tempo, che «la chirurgia demolitiva è bella solo sportivamente parlando. Dal punto di vista biologico è brutale, contro natura, un cattivo trattamento che invece di guarire gli organi malati li sopprime definitivamente». L a sensibilità per la sofferenza consolida il rapporto tra il medico curante e il suo paziente. «Il chirurgo che vuole studiare il dolore e arrivare a debellarlo - scriveva sempre ne La chirurgie de la douleur - deve riservare una grande attenzione alle richieste dei pazienti. Deve ascoltare con attenzione la storia clinica, sempre lunga, spesso fastidiosa, le loro sofferenze e non concludere, come spesso avviene, che quello che soffre esagera». «Al centro delle teorie scientifiche - continuava Leriche - c' è sempre il malato e a lui dobbiamo dedicare più tempo di quanto non facciamo, soprattutto quando soffre. Ascoltare il paziente non è solo un dovere come giusto inizio di un esame clinico e apporta un arricchimento alle nostre conoscenze. I pazienti mi hanno aiutato con le loro confidenze e, grazie a queste, sono riuscito, in molti casi a trovare terapie efficaci per alleviarne la sofferenza». Cosa rara per il suo tempo, il chirurgo francese fu molto attento agli aspetti dell' asepsi e dell' igiene operatoria e non esitò a prendere iniziative per migliorarne la qualità e assicurare una maggiore sicurezza per i pazienti. Ad esempio, fece sostituire i camici bianchi con quelli azzurri, per distinguerli dalla biancheria usata altrove e fece dipingere di azzurro le pareti della sala operatoria della Clinica chirurgica di Strasburgo, dove operava dal 1924. Nonostante la modernità del suo pensiero, oggi pienamente condiviso, queste idee sul dolore hanno fatto molta fatica ad attecchire e Leriche, pur avendo ricevuto tutti i riconoscimenti possibili a livello istituzionale, non riuscì a imporsi al modello dominante. «Il paradosso della vita di un uomo nel rapporto con la storia» commenta la professoressa Rey.
fonte : corriere della sera
:::::: Creato il : 28/11/2011 da Magarotto Roberto :::::: modificato il : 25/03/2012 da Magarotto Roberto ::::::