“Verticale, sei vivo. Orizzontale, sei morto”. Queste parole, accompagnate da un dito che sa essere molto convincente, le pronuncia Ahmed, compagno di sventura di Luigi, il protagonista de La linea verticale al quale dà il volto Valerio Mastandrea. È uno degli scambi di battute più semplici, forse proprio per questo motivo più incisivi, contenuti nelle otto puntate del dramedy scritto e diretto da Mattia Torre
la serie è online sul portale RaiPlay
Cosa racconta La linea verticale:
Il microcosmo di un reparto di urologia oncologica è il teatro vorticoso della serie. C’è il dottore che viene seguito dalla Morte con la falce in mano; c’è il paziente che dà consigli non richiesti su terapie varie ed eventuali; c’è la caposala che ascolta “Grande amore” de Il Volo con un trasporto emotivo senza pari; c’è il chirurgo che riconcilia con il genere umano intero con la sola forza di un sorriso. Tutti questi personaggi li incontra Luigi, tanto scosso quanto spaesato quando arriva in ospedale per essere operato d’urgenza. Ha un tumore che deve essere rimosso prima che faccia troppi danni. A casa lascia una figlia e la moglie incinta (Greta Scarano).
La linea verticale si muove su un equilibrio sottilissimo. Garantisce situazioni di straordinaria comicità e momenti di rara intensità emotiva. Riesce, nel corso di ogni puntata, a strappare sorrisi: a volte sono dolci, altre volte amari. Del resto, come potrà evidenziare anche il più cinico degli spettatori, non è una serie che si piange addosso. Al contrario, pur essendo ambientata in un ospedale con la vita e la morte spesso a braccetto, non c’è retorica; al massimo ci sono dei flashback del protagonista che servono a mostrare quanto si può perdere da un momento all’altro per colpa di una malattia che non tiene conto della carta d’identità delle sue vittime.
La forza dei personaggi e di Mattia Torre
Pazienti, dottori e infermieri che frequentano, volenti o nolenti, il reparto di urologia oncologica sono ben caratterizzati con tic e nevrosi che ce li rendono indimenticabili. Basti pensare ad Ahmed (Babak Karimi), commerciante iraniano che ha occhi di fuoco quando parla di alimentazione, o Marcello (Giorgio Tirabassi), un ristoratore di periferia che vorrebbe sostituirsi ai medici, o don Costa (Paolo Calabresi), prete che scappa dai fedeli e dalle proprie inquietudini. Pur con tutte le esasperazioni del caso, congeniali per dare vita a scene paradossali vere o presunte che siano, i personaggi de La linea verticaletraboccano d’umanità. C’è l’attaccamento alla vita, con tutte le sue contraddizioni, con tutte le sue illusioni e delusioni, a prendere con delicata prepotenza la scena.
Il merito di un risultato così meritevole, che ha senz’altro in Scrubs uno dei suoi modelli, va riconosciuto a Mattia Torre, sceneggiatore e regista della serie, già apprezzato in passato per averci consegnato Buttafuori, le tre stagioni e il film di Boris e Dov’è Mario?. Nata da un’esperienza autobiografica che ha trovato forma anche nell’omonimo libro edito da Baldini&Castoldi, La linea verticale è un racconto pieno di sensibilità e ironia su cosa significhi convivere con la malattia. Nel corso delle puntate, con digressioni efficaci, si prova anche ad analizzare la società con uno sguardo comprensivo ma mai indulgente. Lo spettatore non può che ringraziare dopo una terapia del genere.
PS Mattia Torre e' morto nel luglio del 2019 di tumore renale
lo ringrazieremo per sempre della leggerezza - mai disgiunta dalla profondità - del suo sguardo sulla malattia , sulla vita , sul coraggio nell'affrontare la sfida senza perdere la capacita' di sorridere
il curatore del sito dr.Roberto Magarotto
:::::: Creato il : 17/01/2020 da Magarotto Roberto :::::: modificato il : 17/01/2020 da Magarotto Roberto ::::::