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sul mio rapporto con Dio e con la vita -don Giuseppe 4 [15/09/2019]

Sul mio rapporto con Dio   e con la vita

Il rapporto con Dio e il rapporto con gli/le altri/e sono tra loro inestricabilmente legati, crescono insieme, si nutrono a vicenda. Qui di seguito vorrei condividere alcuni pensieri su questi rapporti, collocandoli nell’intenso periodo che sto vivendo e che mi vede impegnato a reagire ad una gliomatosi maligna diagnosticatami circa sette mesi fa. Lo faccio articolando il testo in brevi paragrafi che ne facilitino la lettura.

 

Vivere in profondità

In questi mesi, ho imparato a vivere la malattia come cammino di trasformazione, che fa finalmente aprire gli occhi, a meditarla e ad arricchirla come esperienza, anche attraverso spazi di conversazione e di condivisione dei miei vissuti con altri/e. La malattia mi si è rivelata come luogo esistenziale dal quale riattraversare, rileggere e reinterpretare tutte le situazioni della vita, non solo quelle dolorose, viaggio interiore che porta a riscoprire sguardi e doni. Cerco di vivere quello che sento venirmi incontro, pur non vedendolo, e mi trovo a tentare di rispondere alla vita e alla morte che chiamano. In tutto questo mi aiuta anche recuperare, attraverso le parole dei poeti, una migliore attenzione ai singoli momenti, avvicinandomi al cuore delle cose e al mio. Riconoscenza e affidamento sono le sensazioni prevalenti.

 

In ascolto del mistero

C’è un mistero che mi abita, un senso dell’ignoto, dell’incomprensibile, che riconosco comunque come parte della mia esistenza e a cui sento il bisogno di attingere. Desidero spazi vuoti, di silenzio, in cui far risuonare la voce di Dio (li ritrovo soprattutto al mattino presto, seduto al balcone di casa). In queste occasioni mi confronto con la mortalità. Come ho già avuto modo di notare, mi accorgo che davanti a me abita un mistero grande, a cui sento di potermi affidare. Qualche volta mi osservo dall’esterno, come se ciò che sto vivendo al momento presente riguardasse qualcun altro. Si tratta forse di imparare ad abitare l’ignoto, che comunque si presenta come mistero di gioia e dolore, di morte e vita, di buio e luce. Alcuni incontri con persone e alcune letture mi aiutano a riconciliarmi con la morte, superando la dialettica tra la morte come minaccia, come fine che incombe e cancella tutto, e la morte come parto e nuovo inizio (la “sorella morte” di Francesco). Forse solo ora sto capendo cosa significhi che non si muore ma si nasce due volte.

 

Affidato agli altri e a Dio

Prima o poi assume centralità l’affidamento. Sento l’esigenza di potermi fidare e affidare, anche se venisse meno la lucidità del pensare. Sperimento che affidamento a Dio e amore per gli altri crescono insieme: è importante che ci sia qualcuno che ripone fiducia in noi, ma anche qualcuno in cui noi possiamo riporre fiducia. Sto poi imparando a dismettere l’ossessione del controllo, che è il contrario dell’affidamento: non mi sento “autore” di ciò che vivo, tanto meno “eroe”; mi sento semplicemente circondato da un mare di affetto, per certi aspetti “immeritato”, comunque donato e non legato a sforzi. Non avverto infine alcuna traccia di angoscia o spinte a ripiegarmi su me stesso. 

 

Coltivando relazioni

Ciò che più conta sono le persone che fanno parte della mia vita. Come ho già affermato altrove, desidero scorrere nomi e volti, riscoprire i legami esistenti, scoprirne e crearne di nuovi. Le attenzioni si affinano. Provo il gusto delle relazioni. Lo spirito non si dà al di fuori delle relazioni, si dà sempre nella carne. E carne è la storia, è la vita, carne sono gli incontri e le relazioni. Siamo un impasto di tutto questo. Non possiamo attingere a questa storia se non raccontandola e raccontare consente di non dimenticare le vite, di continuare ad alimentarsene, di cogliere la vita che continua nelle vite. Mano a mano che ricresce in me la capacità di fare cose (soprattutto leggere, scrivere, conversare), riduco il tempo che dedico alle relazioni o meglio lo concentro. Non rispondo subito ai messaggi che mi arrivano e dedico a questo uno spazio specifico e delimitato della giornata.

 

Confrontandomi con parole vere

La malattia si presenta come qualcosa di ineffabile e non rifiutabile; non resta che riconoscerla, dargli un nome e connetterla al resto dell’esperienza. Lo si fa cercando parole vere, di cui avverto l’esigenza in modo crescente. Con alcuni amici metto a tema il senso della fragilità e della precarietà, la paura di andare verso il nulla, la speranza di essere portato da qualcosa di buono verso qualcosa di buono. Mi piacerebbe che anche nelle celebrazioni si potessero sperimentare queste verità, parole vere che accarezzano e non feriscono.

 

Facendo tesoro del tempo che ho vissuto e di quello che mi resta da vivere

Sento il privilegio di riflettere sul tempo che ho vissuto, guardandomi indietro, ma anche dentro e davanti, e di fare tesoro di ogni attimo che resta. Ho vissuto momenti di passione, estasi e comunione, ma anche momenti di distanza, incomprensione e solitudine. Ho bisogno di trovare il tempo per ricercare e ricreare significati rispetto a tutto ciò. Avvertire che la morte è più vicina cambia il modo di pensare la vita e le sue priorità. All’inizio sentivo l’esigenza di pensare e fare cose particolari; gradualmente è cresciuto in me il desiderio di pensare e fare le cose normali (ad esempio, finire alcuni progetti avviati), anche sentendone talvolta il tratto faticoso o molesto. Ho sempre lavorato tanto e continuo a farlo, ma quello che faccio ora è un lavoro diverso da prima, che possiede un’altra qualità.

 

Pregando

L’avvio “lodante” alla giornata, con la preghiera delle lodi, è diventato una prassi di cui sento il bisogno, più di quanto è avvenuto in altri momenti della mia vita. Recito i salmi e faccio ogni mattino delle letture (in genere, testi poetici). Ho imparato a iniziare la giornata con tre cose (non ricordo più la fonte del suggerimento): 1) un bicchiere d’acqua, 2) un tempo dedicato alla meditazione e alla preghiera, 3) un tempo dedicato al progetto del giorno (le cose da fare). Sento l’esigenza di trovare più tempo per pregare, riprendendo anche la lectio continuadella Bibbia che avevo coltivato negli ultimi anni. Prego (salmi, pensieri frequenti a Dio, il senso di essere amato ecc.), ma non seguo particolari pratiche. Mi piacerebbe imparare a dire addio alla vita attraverso il rito, alimentando un pensiero anche sulla liturgia funebre e sulle modalità dell’ultimo rito. In questo periodo ho amici che recitano novene per me. La cosa non mi entusiasma, ma l’accetto perché altri/e lo desiderano. Divento più sensibile allo stile celebrativo curato che trovo in qualche luogo che frequento: canto, temi/problemi del mondo (prima quelli all’insegna del male o del dolore, poi quelli all’insegna del bene, della gioia e della riconoscenza), ascolto della parola, celebrazione eucaristica, condivisione.

 

Riconoscendo segni

Quando ci è stata comunicata la diagnosi, l’11 febbraio 2019, era la giornata del malato e la festa della madonna di Lourdes, a cui è dedicato il santuario che si vede proprio di fronte alla casa in cui abito in questo periodo. Il 13 maggio, festa della madonna di Fatima, mi è stata comunicata la diagnosi di un’emorragia in corso e si è attivato il relativo trattamento. Qualche volta mi capita di pensare che il miracolo sia una specie di ingiustizia e che augurarselo non sia un bene, ma poi mi vengono in mente le parole di un amico e cambio idea: ci sono giorni in cui diventa necessaria una “particolare protezione”, quelli in cui la sfida è più forte e si sente il bisogno di un aiuto speciale. Forse è qui che si può sperimentare il miracolo. Non mi viene spontaneo pregare per la guarigione e comunque non lo faccio da solo. Lo faccio in genere la sera, con e per l’amico con cui vivo. Lui ci tiene molto e io voglio assecondare il suo desiderio. Andiamo spesso a messa al santuario della madonna di Lourdes e abbiamo riservato in casa uno spazio per la raccolta di oggetti devozionali di varia natura, che ci arrivano da ogni parte del mondo e da diverse esperienze spirituali e religiose.

 

Verona, 15.09.2019


::::::    Creato il : 15/09/2019 da Magarotto Roberto    ::::::    modificato il : 15/09/2019 da Magarotto Roberto    ::::::
Commenti (1)
#1 commento inserito da : Bellorio Gaetano il giorno : 22/12/2019 alle ore: 14.29

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