The central dogma of molecular biology, as proposed in 1970 by Francis Crick and James Watson, holds that genetic information is transferred from DNA to functional proteins by way of messenger RNA (mRNA). This suggests that mRNA has but a single role, that being to encode for proteins.
Now, a cancer genetics team at Beth Israel Deaconess Medical Center (BIDMC) suggests there is much more to RNA than meets the eye
In a study appearing in the June 24, 2010 issue of Nature, the authors describe a new regulatory role for RNA -- independent of their protein-coding function - that relies on their ability to communicate with one another. Of potentially even greater significance, because this new function also holds true for thousands of noncoding RNAs, the discovery dramatically increases the known pool of functional genetic information.
The new findings suggest that nature has crafted a clever tale of espionage such that thousands upon thousands of mRNAs and noncoding RNAs, together with a mysterious group of genetic relics known as pseudogenes, take part in undercover reconnaissance of cellular microRNAs, resulting in a new category of genetic elements which, when mutated, can have consequences for cancer and human disease at large.
"Because this new function does not depend on the blueprint that RNAs harbor in their protein-encoding nucleotide sequence, the discovery additionally holds true for the thousands of noncoding RNA molecules in the cell," explains senior author Pier Paolo Pandolfi, MD, PhD, Director of Research at the BIDMC Cancer Center and George C. Reisman Professor of Medicine at Harvard Medical School."This means that not only have we discovered a new language for mRNA, but we have also translated the previously unknown language of up to 17,000 pseudogenes and at least 10,000 long non-coding (lnc) RNAs. Consequently, we now know the function of an estimated 30,000 new entities, offering a novel dimension by which cellular and tumor biology can be regulated, and effectively doubling the size of the functional genome."
MicroRNAs are small RNA molecules that repress the expression levels of numerous genes by binding to mRNA, thereby preventing it from delivering its
protein coding message. As a result, microRNAs are known to have a hand in human diseases, including cancer.
Cell. 2011 Aug 5;146(3):353-8. Epub 2011 Jul 28.
A ceRNA Hypothesis: The Rosetta Stone of a Hidden RNA Language?
Leonardo Salmena1, Laura Poliseno1, 2, Yvonne Tay1, Lev Kats1, Pier Paolo Pandolfi1, ,
1 |
Cancer Genetics Program, Beth Israel Deaconess Cancer Center, Departments of Medicine and Pathology, Beth Israel Deaconess Medical Center, Harvard Medical School, Boston, MA 02215, USA |
Available online 28 July 2011.
Here, we present a unifying hypothesis about how messenger RNAs, transcribed pseudogenes, and long noncoding RNAs “talk” to each other using microRNA response elements (MREs) as letters of a new language. We propose that this “competing endogenous RNA” (ceRNA) activity forms a large-scale regulatory network across the transcriptome, greatly expanding the functional genetic information in the human genome and playing important roles in pathological conditions, such as cancer
L'INTERVISTA
fonte: repubblica.it
Il cancro si cura in tempo reale
Ogni giorno può essere quello giusto
Il professor Pier Paolo Pandolfi ha vinto il premio Pezcoller 2011, un riconoscimento per la ricerca sul cancro. Ha trovato la cura per una grave forma di leucemia e ha individuato i meccanismi genetici con cui agisce il tumore. Dice: "Bisogna riparare piuttosto che distruggere: spegnere l'interruttore, devastare la cellula malata, lasciando intatta quella sana"
di ADELE SARNO
Non si sente un cervello in fuga, ma un cittadino del mondo. Il professor Pier Paolo Pandolfi si definisce un direttore d'orchestra e dice: "Faccio musica al meglio delle mie capacità, a prescindere dalla nazionalità dell'orchestra che dirigo". Nella sua vita ha lanciato la sfida al cancro e, grazie alle sue ricerche, oggi la cura per questa malattia ormai epidemica è più vicina. Per questo, a 'soli' 47 anni, un riconoscimento che in passato, per alcuni scienziati, ha anticipato il Nobel.
Professor Pandolfi, la giuria del Pezcoller l'ha premiata per l'impegno nella ricerca di nuove strategie anticancro. Si aspettava questo riconoscimento che per alcuni scienziati ha anticipato il premio Nobel?
"Sono onorato di averlo ricevuto, sia in quanto ricercatore sia in quanto italiano. Da 20 anni la fondazione Pezcoller coordina a Trento un workshop di ricerca avanzata sul cancro che ha disseminato cultura scientifica. Tutte le scoperte chiave dell'oncologia moderna sono passate di lì. Il premio è divenuto negli anni ambito e prestigioso. Speriamo sia di buon auspicio, ma l'obiettivo del gruppo con cui lavoro è trovare la cura per il cancro. Il Pezcoller sarà una spinta per arrivare a sconfiggere questa malattia epidemica in tempi brevi".
I suoi studi hanno permesso di trovare la cura per la leucemia promielocita acuta e di identificare il comportamento dei geni che causano il tumore. In quale direzione può andare adesso la ricerca?
"La sfida è di cercare di definire il network genetico del cancro. Quello che noi chiamiamo la 'rete del maligno'. Questo ci permetterà di creare classi di farmaci intelligenti che impareremo a usare, combinandoli tra di loro. Sappiamo che i tumori condividono dei nodi cruciali che utilizzano per sopravvivere e proliferare. Stiamo arrivando a definire il numero preciso di questi punti nevralgici, quando saranno dieci o venti allora l'obiettivo sarà capire quale interruttore spegnere, in quale tipo di tumore e in maniera individualizzata. Attenzione, non ci vorranno 500 mila molecole per altrettanti tumori. Alla fine avremo una batteria di farmaci, 20 o 30, da combinare a seconda di quello che dice il dna del paziente e del tumore. E questo non è un aspetto fantascientifico ma una dimensione concreta dell'oncologia moderna".
Non si rischia di avere farmaci eccessivamente cari, sia in termini economici sia di lavoro?
"È chiaro che la ricerca del farmaco mirato continuerà ad essere costosa. Ma è una spesa che si ammortizza, perché queste nuove terapie tengono in vita le persone. Un chemioterapico, per esempio, costa moltissimo ma, se il malato muore, avrà avuto un utilizzo limitato al periodo della cura. Se invece si ricorre a una terapia personalizzata dopo la diagnosi, si salva il paziente e quel prodotto si usa per trent'anni. Per cui lo sforzo delle case farmaceutiche verrà ricompensato".
Si può ancora parlare di 'guerra' al tumore?
"La guerra la fai quando sei primitivo nel risolvere il problema. Perché devi sopprimere, uccidere, confrontarti in maniera brutale. Questo è tipico di chi non capisce un meccanismo che è alla base di un processo, sia esso sociologico o medico. Se entri nella logica del terrorista o dell'avversario, invece, puoi usare mezzi più intelligenti e raffinati per risolvere il problema: per esempio puoi prevenire un suo attacco. Lo stesso discorso vale per il cancro. Se capisci il meccanismo con cui agisce, lo puoi combattere. La sfida oggi è riparare la cellula tumorale invece di bombardare indiscriminatamente tutto il corpo, col rischio di avere effetti collaterali importanti anche per altri organi che non sono coinvolti dalla malattia. Il farmaco mirato fa questo: aggiusta il difetto che il cancro usa per crescere, spegne l'interruttore e devasta la cellula malata, lasciando intatta quella sana".
Questo significa colpire il cancro nei meccanismi genetici che lo generano?
"Significa riparare e usare il difetto genetico a proprio vantaggio. Per questo si parla di diplomazia, cioè si cerca di "correggere" il comportamento dell'avversario, invece di farlo fuori. C'è una trattativa che prende il posto delle armi".
Converrà ai governi adottare questa strategia?
"Il costo del sequenziamento del genoma umano e di quello del cancro sta scendendo, mentre il prezzo della terapia fatta a vanvera sale. Entro pochi anni, ognuno di noi, con mille euro potrà chiedere la sequenza del proprio Dna. Per questo ai governi converrà sempre più usare questi farmaci mirati con la certezza che funzionino, piuttosto che usare chemioterapia e radioterapia a prezzi altissimi. Ma non bisogna trascurare il ruolo della prevenzione, che però in Italia si fa con scarso impegno. Prevenzione a tappeto, diagnosi precoce, sequenza del Dna e terapia mirata, è una strategia che riduce i costi e gli sprechi".
I nuovi farmaci manderanno le vecchie terapie in pensione?
"La chemio e la radio in qualche fase della terapia, per qualche anno, ancora si useranno. Soprattutto quando il tumore viene diagnosticato in una fase molto tardiva. Se la massa tumorale è grande devi ridurla, lo puoi fare col farmaco intelligente ma la chirurgia resta attuale, perché se si ha una mela dentro la pancia bisogna toglierla, o irradiandola o tagliandola chirurgicamente. La speranza è di riuscire, grazie proprio alla prevenzione, a non più intervenire su tumori in fase molto avanzata, perché se il tumore è piccolo il farmaco mirato può anche bastare da solo. Ma se il tumore è grande elimini la possibilità di recidiva, ma devi comunque rimuovere il problema chirurgicamente".
La scienza oggi ci dice che non esiste un malato di tumore uguale a un altro: può esistere una terapia che sia valida per tutti?
"La prevenzione sarà valida per tutti, la terapia sarà personalizzata. Ciò non significa che abbiamo un farmaco per malato ma bensì avremo una serie di farmaci da combinare in maniera intelligente e personalizzata. Proprio come è successo nelle malattie cardiovascolari: una volta individuati 'i nodi' sono stati sviluppati farmaci ad hoc, in grado quindi di abbassare la pressione, il colesterolo, o altro".
Esistono dei tumori per cui la cura è più vicina?
"Ci sono dei tumori che tradizionalmente consideriamo molto gravi, altri che abbiamo imparato a contenere, prevenire e curare. Per quelli del sangue, per esempio, come linfomi, leucemie o la leucemia promilocita acuta, abbiamo già una soluzione. Siamo invece più avanti nella cura di mammella, prostata e polmone. Ma l'avanzamento però è progressivo e rapido anche per tumori estremamente aggressivi come il tumore al cervello o al pancreas, perché hanno in parte gli stessi meccanismi molecolari degli altri. Giorno dopo giorno, stiamo comprendendo i meccanismi genetici che sono sottesi alla patologia tumorale in genere, e questo ci permette di usare i farmaci mirati anche in queste forme tumorali estremamente aggressive. Abbiamo iniziato dai tumori più accessibili e, per questo, ci abbiamo lavorato più a lungo. Prendere del sangue da un paziente è molto più facile che effettuare una biopsia epatica. Ma grazie al sequenziamento del genoma che si può fare in ogni tumore è più facile studiare e capire anche patologie più gravi".
E i tempi?
"Sono ottimista sulla cura e sui tempi. Se un paziente mi chiedesse: "Ne vale la pena di lottare?". Gli direi che deve combattere, perché ogni giorno c'è un farmaco diverso che viene messo sul mercato o entra in fase di sperimentazione clinica. Stiamo parlando di centinaia di nuove molecole che stiamo cercando di sperimentare più velocemente possibile, di qui l'idea di . I farmaci ci sono ma non riusciamo ad applicarli a tappeto. E' sbagliato dire che la cura arriverà in uno o due anni, perché è in tempo reale, ogni giorno può essere quello giusto. Se io fossi un paziente a cui viene fatta una diagnosi oggi, lotterei, mi sottoporrei alla chemioterapia perché sono convinto che si guadagna tempo e questo tempo guadagnato potrebbe essere decisivo".
Se potesse tornare in Italia per fare ricerca lo farebbe?
"In Italia torno spessissimo, ho interazioni quasi quotidiane con collaboratori e pazienti. Magari un giorno ci tornerò anche a vivere. Non mi sento un cervello in fuga ma un cittadino del mondo. Sto qui, ad Harvard, in una struttura ospedaliera che mi permette di agire ai massimi livelli e sto cercando la cura per il tumore non solo per gli italiani o per gli americani, ma per tutti. Sono come un direttore di orchestra: faccio musica al meglio delle mie capacità, a prescindere dalla nazionalità dell'orchestra che dirigo".
Coding-Independent Regulation of the Tumor Suppressor PTEN by Competing Endogenous mRNAs
Yvonne Tay1, Lev Kats1, Leonardo Salmena1, Dror Weiss1, Shen Mynn Tan2, 3, Ugo Ala1, 4, Florian Karreth1, Laura Poliseno1, 6, Paolo Provero4, Ferdinando Di Cunto4, Judy Lieberman2, 3, Isidore Rigoutsos5, Pier Paolo Pandolfi1, ,
1 |
Cancer Genetics Program, Division of Genetics, Beth Israel Deaconess Cancer Center, Department of Medicine and Pathology, Beth Israel Deaconess Medical Center, Harvard Medical School, Boston, MA 02115, USA |
2 |
Immune Disease Institute and Program in Cellular and Molecular Medicine, Children's Hospital Boston, Harvard Medical School, Boston, MA 02115, USA |
3 |
Department of Pediatrics, Harvard Medical School, Boston, MA 02115, USA |
4 |
Molecular Biotechnology Center and Department of Genetics, Biology, and Biochemistry, University of Turin, Turin, Italy |
5 |
Computational Medicine Center, Jefferson Medical College, Thomas Jefferson University, Philadelphia, PA 19107, USA |
Received 11 August 2011; revised 17 September 2011; Accepted 23 September 2011. Published: October 13, 2011. Available online 13 October 2011.
:::::: Creato il : 16/10/2011 da Magarotto Roberto :::::: modificato il : 16/10/2011 da Magarotto Roberto ::::::