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il dolore inutile [05/12/2012]

 

 
IL DOLORE: paura, percezione, memoria.
 
 

Credo che nessuno possa dire sinceramente di non aver paura del dolore, tutti temono la sofferenza fisica, anche gli adulti e se c’è qualcosa che fa più paura a un adulto del proprio dolore,  e’ quello di un bambino. Se l’adulto, poi, è anche genitore, il dolore del proprio figlio gli è insopportabile tanto che, in un reparto  come il nostro,  il terrore di dover vedere soffrire il proprio figlio arriva solo un attimo dopo la paura di perderlo.

 
Quando un bambino prova dolore, piange o urla e la percezione del suo dolore diventa collettiva, perché chi lo “sente “ la fa propria.
Dopo che un bambino ha provato un forte dolore, la memoria di ciò che ha provato rimane nella sua mente e nel suo corpo, così come rimane nella memoria di  chi ha assistito, di chi ne è stato il testimone.
 
Quando ancora non era praticata la sedazione  profonda durante le manovre invasive, il dolore e le urla dei bambini si propagavano al di là dell’ambulatorio fino al corridoio, spaventavano gli altri bambini, rinnovavano in loro la memoria del proprio dolore, per gli operatori e i genitori era uno strazio “necessario” ma inaccettabile, per tutti un dolore “obbligatorio” da sentire, da vedere, da vivere.
 
Finalmente si vinse la battaglia per la sedazione  profonda e per alcuni bambini, che avevano provato la sofferenza da manovre invasive, la memoria del dolore riuscì perfino a mitigare l’azione della sedazione, perché in loro la paura, la percezione e la memoria del dolore erano più forti.
 
Nessun dolore dovrebbe mai essere né necessario né obbligatorio.
 
Molti anni fa, mentre una nostra giovane paziente lottava  per un sarcoma osseo che aveva ormai trasformato le sue ossa in fragili merletti, venne nel vecchio reparto un tecnico dalla radiologia per farle una lastra, ma lei urlava perché ogni spostamento le provocava dolore.  Fuori dalla stanza, nel corridoio, i genitori di altri bambini ricoverati si torcevano le mani, addolorati e impotenti. D’un tratto la porta si aprì,  il tecnico uscì con le lacrime agli occhi li guardò e disse ”Io non torno più a fargliele”. Fu un momento di grande conforto e sollievo,  perché quel tecnico aveva condiviso con loro l’inutilità di quel dolore.
 
I tempi, per fortuna, sono cambiati e la cultura del diritto contro la sofferenza inutile si è diffusa e radicata.
 
Quando una donna partorisce soffre profondamente e, spesso, si chiede come potrà ripetere questa esperienza per dare alla luce un altro figlio. Di norma le viene assicurato che quello del parto è l’unico dolore che si dimentica perché è l’unico che ha una motivazione valida, una giustificazione, un’utilità, forse un’etica.
 
Perché il dolore è fortemente immorale, non ha giustificazione. Prima di ogni intervento, di ogni terapia è necessario un serio programma di prevenzione atto a contrastare l’insorgenza del dolore che può provocare. La scienza non può annullare completamente il dolore, magari ci riuscisse!  ma lo può fronteggiare.
 
La “cura”, per essere veramente tale, deve prevedere il massimo sforzo per fronteggiare il dolore.
 
Il dolore indebolisce la mente e il desiderio di vita. Che senso ha la vita, se è solo sofferenza? Se la vita è lo spazio e il tempo in cui ogni uomo realizza le proprie possibilità, nel dolore che cosa può realizzare? Se percepisce non solo il dolore, ma l’interruzione delle proprie possibilità, allora non può ragionevolmente sorgere il dubbio sul senso di quel vivere? 
 
A questi interrogativi ognuno risponde in base alla propria cultura, alle proprie convinzioni, morali o religiose, e al proprio vissuto. Credo comunque che il punto di convergenza possa essere che ognuno ha il diritto, anche quando non vi è possibilità alcuna di guarigione, di trascorrere i giorni della propria vita in uno stato, vigile o meno, che gli permetta di non chiedersi se ha senso vivere.  
 
Nessun fine, nessuna motivazione deve far accettare il dolore che è inaccettabile e va contrastato con qualsiasi mezzo per chiunque, ancor più per i bambini.
 
 
 
Memoria scritta da Francesca Testoni – Responsabile Assistenza AGEOP- Associazione Genitori Oncoematologia Pediatrica Bologna
pubblicata da AGEOP RICERCA sulla propria pagina Facebook il giorno Martedì 4 dicembre 2012 
                                                  

 

 
 

::::::    Creato il : 04/12/2012 da marsala rossella    ::::::    modificato il : 05/12/2012 da Magarotto Roberto    ::::::

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