GLI ONCOLOGI: “I FARMACI INNOVATIVI SIANO SUBITO DISPONIBILI
ANCORA TROPPE DISPARITÀ, RIPENSIAMO I PRONTUARI REGIONALI”
Il presidente Cascinu: “Deve essere applicato pienamente il Decreto Balduzzi che prevede l’immediato utilizzo dei nuovi trattamenti dopo l’ok dell’ente regolatorio europeo e italiano. Non servono più le approvazioni delle commissioni locali”. Le terapie anti-cancro sono solo il 4% della spesa ospedaliera
Roma, 28 ottobre 2012 – I farmaci oncologici innovativi devono essere subito disponibili in tutta Italia. Oggi non è così, perché in alcune Regioni i ritardi dovuti all’ulteriore approvazione di questi trattamenti nei Prontuari Terapeutici Regionali rischiano di compromettere la qualità delle cure. Ma i pazienti non possono più aspettare e gli oncologi, che ogni giorno lottano in prima linea contro il cancro, sono preoccupati.
Chiedono che sia subito applicato senza modifiche il Decreto Balduzzi (Decreto Legge 13 settembre 2012, n. 158) che stabilisce l’immediata disponibilità dei trattamenti innovativi in tutte le Regioni dopo il giudizio positivo dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), senza attendere l’approvazione delle singole commissioni regionali e provinciali ed il successivo inserimento nei Prontuari Terapeutici Regionali, che vanno profondamente ripensati. Nel nostro Paese 2 milioni e 250 mila italiani vivono con una diagnosi di tumore. I nuovi casi nel 2012 saranno 364mila: 202.500 (56%) negli uomini e 162.000 (44%) nelle donne. Oggi anche i cosiddetti big killer (polmone, colon retto, seno, prostata e stomaco) fanno meno paura, grazie alla diagnosi precoce e alle nuove terapie: basta pensare che il 61% delle donne e il 52% degli uomini è vivo a cinque anni dalla diagnosi.
L’AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica), dal XIV Congresso Nazionale in corso a Roma, lancia un appello alle Istituzioni perché venga immediatamente istituito un tavolo di lavoro con il coinvolgimento delle associazioni dei pazienti. “L’obiettivo – spiega il prof. Stefano Cascinu, presidente AIOM - è monitorare l’effettiva applicazione del Decreto Balduzzi e definire il budget annuale dell’oncologia nel nostro Paese. In Italia i farmaci oncologici rappresentano il 25% della spesa ospedaliera per i medicinali, ma incidono solo sul 4% dell’intera nosocomiale. Non solo. Le uscite per i farmaci oncologici sono rimaste sostanzialmente stabili negli ultimi anni, passando da 1,390 miliardi di euro nel 2008, a 1,550 nel 2010, a 1,530 nel 2011. È quindi necessario agire sulle zone grigie dell’inappropriatezza. Basti pensare che vi sono terapie di non comprovata efficacia che costano ogni anno al sistema circa 350 milioni di euro, il peso delle visite di controllo è pari a 400 milioni, quello dei marcatori tumorali ad alcune decine di milioni. La nostra società scientifica mette a disposizione strumenti efficaci per impostare azioni di politica sanitaria come il ‘Libro Bianco’, i ‘Numeri del cancro’ e le nuove Linee guida.
Le esigenze di contenimento della spesa non possono danneggiare i pazienti. Oggi si stanno affacciando nuove armi efficaci contro alcuni tipi di tumori come il cancro del seno e il melanoma, non possiamo privare i malati di queste opportunità terapeutiche, pur sapendo che anche noi dobbiamo fare la nostra parte, puntando sulla migliore appropriatezza possibile”. Dall’autorizzazione europea di un farmaco alla delibera che ne permette l’immissione in commercio in Italia trascorrono in media dai 12 ai 15 mesi. E ulteriori ritardi sono determinati dai tempi di latenza per la messa a disposizione a livello regionale dopo le approvazioni degli enti regolatori internazionali e nazionali. “È inaccettabile – sottolinea il prof. Francesco De Lorenzo, Presidente della Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (FAVO) – che nel nostro Paese ancora perdurino difformità di accesso alle terapie. Ci auguriamo che la conversione in legge del provvedimento del Ministro Balduzzi ne mantenga il principio cardine: l’abolizione del terzo livello, regionale, di valutazione. Sono sufficienti le approvazioni da parte dell’ente regolatorio europeo (EMA) e italiano (AIFA). Questo decreto ristabilisce il principio costituzionale di tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività. I malati di tumore hanno diritto, per la grave patologia cui sono affetti, di ricevere sempre, ed ovunque residenti, la migliore terapia possibile, nel rispetto del principio di uguaglianza”.
“E’ importante definire bene il concetto di innovatività in campo farmacologico – continua il prof. Carmine Pinto, segretario nazionale AIOM -. In oncologia è per noi legato al vantaggio terapeutico in termini di efficacia rispetto ai trattamenti già esistenti. Per garantire un accesso equo ai farmaci innovativi è necessario costituire un fondo nazionale per l’oncologia che consideri tutte le voci della spesa di questo settore, promuovendo anche un corretto utilizzo degli equivalenti e dei biosimilari. I prontuari e le commissioni regionali del farmaco, che svolgono spesso funzioni simili a quelle dell’EMA e dell’AIFA, hanno ben poca ragione di esistere. Sono fonte di ritardi per la disponibilità delle terapie innovative con potenziali pesanti ricadute per i pazienti e generano intollerabili disuguaglianze fra cittadini”. Per migliorare l’assistenza oncologica e l’uso delle risorse, è inoltre necessario integrare le diverse strutture. Un importante strumento è rappresentato dalle reti oncologiche regionali. “Vogliamo procedere ad una sostanziale revisione dei centri presenti sul territorio nazionale – afferma la prof.ssa Stefania Gori, tesoriere AIOM -.
È essenziale che vengano realizzate quanto prima vere reti oncologiche regionali. Questo tipo di organizzazione offre la possibilità di integrare tutte le professionalità, gli strumenti e le competenze coinvolti nella gestione del problema oncologico, di condurre il paziente attraverso le diverse fasi di malattia senza soluzione di continuità, e, soprattutto, di assicurare un’omogeneità territoriale delle cure e la diffusione capillare di elevati standard di qualità. La ricaduta in termini di efficacia ed efficienza è immediata. Da troppo tempo ne parliamo e finora i risultati sono stati scarsi.
I piccoli ospedali vanno messi in rete con quelli più attrezzati in modo che vi sia una circolazione delle esperienze. Ciò deve avvenire nell’ambito di una collaborazione molto stretta fra Istituzioni, società scientifiche e associazioni dei pazienti”. “Vanno inoltre definiti i criteri per individuare quali strutture, all’interno delle reti, possano trattare specifiche patologie, in base a esperienza, volumi di attività e risultati terapeutici – conclude il prof. Cascinu -. L’identificazione dei centri ad elevata esperienza per patologia implicherà importanti vantaggi per i pazienti e una riduzione di inefficienze e sprechi. Proprio considerando questo un punto cruciale per nuove programmazioni, AIOM insieme a FAVO, sulla base di una convenzione con il Ministero della Salute, ha analizzato più di 14 milioni di schede di dimissione ospedaliera: vi è un importante squilibrio fra centri che hanno trattato le diverse patologie e volumi di attività. Questo dato richiede un’attenta e cauta valutazione che può rappresentare un primo passo per procedere ad una seria riorganizzazione delle strutture oncologiche”.
:::::: Creato il : 02/11/2012 da Magarotto Roberto :::::: modificato il : 02/11/2012 da Magarotto Roberto ::::::