fonte : la stampa.it
Malapolvere, va in scena
il dramma dell'Eternit
Spettacolo dello Stabile di Torino prima del processo per le vittime
MICHELE BRAMBILLA
«Malapolvere», lo spettacolo che va in scena al Teatro Gobetti di Torino, è l'ultima creatura di uno dei movimenti più spontanei, trasversali e combattivi visti in Italia negli ultimi decenni. Un movimento di cui si parla poco: ma un movimento che si è preso il compito di far conoscere prima nella città in cui è nato - Casale Monferrato - e poi al mondo intero una tragedia ancora oggi poco nota: quella delle morti provocate dall'amianto. La malapolvere è infatti la polvere d'amianto prodotta per quasi tutto il Novecento dallo stabilimento della Eternit di Casale. Ed è una polvere che uccide.
Dicevamo che «Malapolvere» - un monologo di Laura Curino - è solo l'ultimo prodotto di questo movimento. Ormai non passa praticamente mese senza un'iniziativa che richiami l'attenzione sul tema. Nessuno coordina, suggerisce, tanto meno finanzia: ma sempre più persone sono colpite dalla tragedia dell'Eternit e così c'è sempre qualcuno che organizza un dibattito, o va in piazza per una manifestazione, o pubblica un libro. Lo spettacolo teatrale «Malapolvere» è ispirato da un libro scritto un anno e mezzo fa da Silvana Mossano, giornalista de «La Stampa», e ha lo stesso titolo. L'anno scorso i due registi Andrea Prandstraller e Nicolò Bruna avevano presentato un film documentario, «Polvere», che ha fatto il giro del mondo; pochi giorni fa è stato pubblicato da Ediesse il fumetto «Eternit: dissolvenza in bianco». Insomma, una miniera di iniziative, partorite da persone di ogni fede politica e di ogni estrazione sociale; alcune direttamente colpite dal dramma, altre semplicemente animate da una sete di verità e di giustizia.
Infatti quando ci si imbatte in questa storia è difficile restare indifferenti. È una storia terribile.
Solo a Casale, i morti di mesotelioma pleurico - il tumore provocato dall'amianto - sono già 1800, e molti purtroppo si ammalano ancora. Prima sono morti gli operai, poi ha cominciato a morire anche chi non aveva mai lavorato in fabbrica. La malapolvere si diffondeva ovunque. La Eternit l'ammassava nei cortili lungo il Po e il vento la portava nelle strade, nelle case, nei campi. Il sabato lo spaccio della fabbrica era aperto: con cento lire si portava a casa una carriola di polvere e in tanti si mettevano in coda per prenderla perché serviva come ghiaietta per il giardino, o per fare il campo di bocce. Si rimane colpiti per il dolore per tante morti, e si resta increduli nel sapere che già dagli Anni ‘50 la pericolosità di quella polvere era nota, ma si fece di tutto per nascondere la verità.
Ecco, è stata questa gente comune di Casale a rompere la cortina di silenzio. Sono i primi Anni ‘70 quando il giovane operaio Nicola Pondrano viene assunto alla Eternit: «Ero felice - ha raccontato - perché Eternit voleva dire posto fisso». Pondrano però comincia presto a insospettirsi: all'ingresso della fabbrica sempre più frequentemente vede annunci funebri, sono operai di 55, 50, 45 anni. Chiede spiegazioni, ma anche il sindacato è cauto perché la Eternit dà lavoro a tutto il Monferrato e guai se chiude una fabbrica così. Ma la valanga è partita, a Pondrano si uniscono altri operai, poi i familiari dei morti, poi i medici dell'ospedale di Casale che certificano: qui si muore di mesotelioma venti volte più che altrove. Davvero è un movimento trasversale: è un sindacalista della Cgil, Bruno Pesce, a fondare il comitato delle vittime; ed è un sindaco dc, Riccardo Coppo, che nel 1987 mette fine con un'ordinanza alla storia della Eternit a Casale. Ci saranno assessori che si batteranno per le bonifiche, e cadranno anch'essi uccisi dalla malapolvere: come Paolo Ferraris, come Luisa Minazzi.
Il mese scorso questo movimento ha rotto gli argini. È successo che il Comune aveva deciso di ritirare la costituzione di parte civile al processo di Torino - dove sono imputati gli ultimi due proprietari della Eternit, che rischiano vent'anni di carcere - in cambio di un risarcimento di 18 milioni di euro. È partita una protesta che è andata ben oltre l'associazione delle vittime e ben oltre Casale. Prima in piazza, poi su facebook, poi su twitter è scattato un appello collettivo: «Nessun patto con il diavolo!». Risultato: la transazione è sospesa. La giunta ha preso tempo fino al 12 febbraio. Che per caso è il giorno in cui finisce «Malapolvere» a teatro; e non per caso è la vigilia della sentenza di Torino. Quel giorno il «movimento» scriverà un nuovo capitolo della sua storia: sono già 16 i pullman prenotati per partire da Casale e andare in tribunale a chiedere giustizia.
:::::: Creato il : 30/01/2012 da Magarotto Roberto :::::: modificato il : 30/01/2012 da Magarotto Roberto ::::::