In questo sito vengono utilizzati cookies tecnici necessari alla fruizione del sito stesso. Vengono inoltre utilizzati cookies di terze parti (google) per la raccolta di informazioni sulla fruzione del sito. Non vengono in alcun modo raccolte informazioni in grado identificare gli utenti. Le informazioni raccolte non vengono in alcun modo cedute ad altri soggetti.

>> news
gene p53 e terapia nei tumori ORL ( Lisa Licitra /INT Milano) [30/01/2011]

P53, il gene che dice la verità

 fonte: la stampa.it


Il gene oncosoppressore p53 è il più studiato per il suo ruolo nella regolazione del ciclo cellulare e appare come il più mutato nei tumori
Oncologia. Quando è analizzato con sonde molecolari, rivela se la chemioterapia avrà successo "Fa da g uardiano del genoma in alcuni carcinomi: così studiamo come regola il ciclo cellulare"

  dr.ssa  LISA  LICITRA  Oncologa 

(RESPONSABILE DELLA STRUTTURA PER IL TRATTAMENTO MEDICO DEI TUMORI TESTA E COLLO ALL'ISTITUTO NAZIONALE DEI TUMORI DI MILANO )


  La ricerca dedicata alla cura dei tumori ha fatto passi da gigante. L'avvento della biologia molecolare ha consentito di approfondire i meccanismi della proliferazione cellulare e di identificare i geni coinvolti nella genesi dei tumori. Tra questi, il gene oncosoppressore p53 è il più studiato per il suo coinvolgimento nella regolazione del ciclo cellulare ed appare come il più mutato nei tumori. Nel caso dei carcinomi della testa e del collo, dei quali mi occupo, è stato fatto uno studio mirato proprio di p53, finanziato da Airc, dimostrando che non solo è direttamente coinvolto nella genesi tumorale, ma che permette anche di predire l'efficacia o meno della chemioterapia. In altre parole, p53, che fa da «guardiano» del genoma nei carcinomi spinocellulari, è una proteina che, studiata con sonde molecolari, permette di stabilire se la chemio potrà avere successo o meno in un paziente. La nostra ricerca ha dimostrato, infatti, che p53 rende efficace la cura solo quando è regolarmente funzionate; diversamente, quando il gene è mutato, la chemioterapia non si dimostra efficace. Risultati a confronto La sperimentazione clinica è partita dalla cura standard dei tumori del cavo orale in fase avanzata, suscettibili di intervento chirurgico seguito da radioterapia. Abbiamo confrontato i risultati ottenuti nei pazienti trattati con chemioterapia preoperatoria a base di cisplatino/fluorouracile. La ricerca ha dimostrato che il 40% dei pazienti in cui p53 era non modificato rispondeva così favorevolmente al trattamento che la malattia scompariva completamente, gli interventi necessari diventavano meno invasivi e più mirati alla preservazione degli organi e riducevano il fabbisogno di radiazioni. Diversamente, una risposta così eclatante non è stata riscontrata in quei tumori del cavo orale dove p53 era modificato. Questo è un punto cruciale nella lotta al cancro, perché consente di identificare dei biomarcatori, provvisti di un importante valore predittivo, utili nell'identificare quali pazienti candidare alla chemioterapia e quali no. Personalizzando le terapie, solo quei pazienti che possono trarne davvero beneficio saranno sot toposti al trattamento, con un aumento della probabilità di guarigione. Si tratta di un risult a t o c i r c o scritto ad un particolare tipo di tumore (quello della bocca), che però indica un nuovo percorso di cura: partire da un dato biologico per personalizzare la cura, evitando trattamenti che rischiano di peggiorare inutilmente la qualità della vita. Ma negli ultimi anni la ricerca si è anche focalizzata sullo studio dei carcinomi spinocellulari dell'orofaringe (una sottosede della gola), le cui principali cause sono il fumo, l'alcol ( s o p r a t t u t to se sinergici), i traum a t i s m i dentari e certi virus. L'inciden za dei tumori d e l l ' o r o f a ringe è infatti progressivamente aumentata nell'ultimo decennio e questo incremento è legato al ruolo emergente del papilloma virus umano (HPV), in particolare del tipo 16. Già noto per l'effetto carcinogeno sull'utero e sui genitali, esistono evidenze molecolari a sostegno del ruolo dell' HPV nella patogenesi del carcinoma orofaringeo. Si tratta di un piccolo virus a DNA, che penetra attraverso le microabrasioni delle mucose, fino a raggiungerne il nucleo e determinandone la trasformazione in senso neoplastico. La diffusione del virus L'età media di questa sottopopolazione è minore rispetto ai classici tumori della testa e del collo ed è associata alla trasmissione sessuale, ovvero a pratiche che facilitano la ripetuta esposizione e la diffusione del virus. I principali fattori di rischio per l'infezione da HPV sono, infatti, il numero dei partners sessuali, i rapporti frequenti, il sesso orale e le abitudini promiscue. La particolarità dei carcinomi HPV è data da un'elevata chemioradiosensibilità, cioè da un'elevata probabilità di guarigione definitiva con la chemioradioterapia. Inoltre, sono correlati ad una buona sopravvivenza. Dato l'andamento prognostico favorevole dei tumori HPV positivi, lo studio approfondito del profilo genetico di ogni neoplasia fa ipotizzare l'uso di trattamenti meno aggressivi, che, con minori effetti collaterali, possano garantire la stessa probabilità di guarigione. La vaccinazione, attualmente attiva in Italia e destinata alle dodicenni per la prevenzione delle neoplasie del collo dell'utero, potrebbe essere utile non solo per i tumori ginecologici, ma anche per ridurre l'incidenza dei tumori dell'orofaringe a carico delle prossime generazioni.


::::::    Creato il : 30/01/2011 da Magarotto Roberto    ::::::    modificato il : 30/01/2011 da Magarotto Roberto    ::::::