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storia di caterina ( i giorni di Cucciolo) [17/09/2009]

Alfonsina Bellio- antropologa , lavora all'Universita' di Cosenza -

insieme  con con la mamma  CATERINA ( Cucciolo)

 I giorni di Cucciolo

15 giugno 2007
Osservavo il tuo ovale perfetto quando hai tolto la bandana. Tu vedi allo specchio le occhiaie. Io ti vedo forse un po’ aliena, tutta bianca e lucida. Ma stasera hai il profilo di Nefertiti. Se solo osassi il copricapo egizio e un bel trucco, torneresti a incedere regale. La macchina per la radio oggi si è rotta. Sei tornata affranta: un giorno perso, un giorno in più ti separa dalla fine. I capogiri non ti abbandonano, ormai sono compagni di giochi dei pomeriggi vacillanti tra cosa posso fare e oddio quante cose dovrei fare e quei vestiti di tre taglie in più li brucio tutti. In reparto no. Lì dai coraggio. Aiuti la piccola ottantenne a infilarsi la giacca, sorridi allo spilungone che confessa di barcollare ancora ma è felice di riuscire a camminare. Anche loro stanno imparando a conoscere la roccia, quelli del turno delle nove? Non sanno da chi mi rifugiavo il giorno prima degli esami. Smontavi con la faccia da chessaramai? i miei pensieri neri.
Il reparto degli alieni è pulito, con i poster delle bellezze di Calabria alle pareti, ma voi le spiagge di Tropea e Pizzo ora dovete rimandarle. Mi hai raccontato che quando sei tornata dall’ospedale con me fagottino nel cesto di vimini, da casa nostra stava passando la processione e la banda sembrava lì per festeggiarmi. Tutti quei beata te che hai tua mamma che ti aiuta sempre. Mamma mi aiuta ancora se volete saperlo, anche così? Certo! E rosicate quanto vi pare. Una peluria bianca comincia a spuntare come se li avessi coltivati bulbo per bulbo. Tu non ci credi, ma ricresceranno. Il corpo malato non ricorda lo stato di salute, succede perfino per un’influenza. E sbocceranno rose e gigli rossi striati di bianco e la dalia, che è il fiore del ringraziamento.
Quando sono fuori per giorni è come se avessi lasciato io a casa la figlia. Torno con il proposito di esserti mamma e figlia e amica. Poi mando all’aria i coriandoli e penso che forse da lontano sono più d’aiuto. Sgrido papà come un bambino, ogni boccone è eccessivo e già lo vedo stecchito da crolli cardiocircolatori. Sono ossessionata dalla paura di perdervi, so che devo metterlo in conto, succede e non bussa alla porta. Nelle favole Biancaneve è fanciulla labbra di rose, qui Cucciolo sotto il cappellino rosso slargato sottrae agli sguardi l’oltraggio di una chemio.
22 giugno notte
 Papà per la prima volta ha attraversato la porta che vi ingoia, ti ha trovata con le bottiglie colorate che vomitano veleni terapeutici nel sangue ed è scoppiato in lacrime. Coraggio! Tutto andrà bene, sembra un incubo senza fine, ma non sarà così. Verrà la luce. Avremo salute, lavoro, la Calabria rinascerà, riusciranno ad istituire quel registro tumori e si scoprirà che sono in netta diminuzione i nuovi casi. Quante volte mi hai detto di credere? Resisti.
29 giugno
Anche oggi fai la chemio e io penso alla fiducia con cui ti affido. Credo che sia una forza in sé riuscire ad abbandonarsi. È la paura che avvelena l’anima. Si annida e lentamente intossica. La fiduciosa sicurezza è balsamo, ali di farfalla. Palla è stata dimessa dall’ospedale, il Piccolo cresce e il collo dell’utero si è normalizzato, attenderà il suo tempo per nascere. La canicola dei giorni scorsi è ora brezza lieve, armonia di foglie nella luce di giugno. Oro e verde la Sila. La pelle trova refrigerio. Starai bene domani, Cucciolo, verrai al matrimonio, vedrai tua nipote in abito da sposa.  

6 luglio
Sono seduta sui fori di quattro iniezioni quotidiane. Resto qui così posso darti una mano. Sono finita in pronto soccorso con la spalla bloccata. Rotola il macigno di Sisifo. Senza popcorn non posso raccontare le vicende degli ultimi anni! Stai cucinando tu per me e io col braccio appeso al collo e la faccia da idiota camuffo lacrime di rabbia. Fragile come un soffio che ha ingoiato mia mamma, continui a ripetere che nulla sarà più come prima, piangi quando sei costretta a delegare azioni che hanno sempre fatto parte del tuo quotidiano. Io mi dibatto tra i morsi dell’alano all’altezza del mio omero sinistro e una quotidianità melmosa. Rinasceremo Cucciolo! Te lo prometto. La casa tornerà a odorare di fresco e pure di cibi deliziosi. Verranno Palla e compagno col Piccolo e prima ancora verrà Nipotino, e non preoccuparti se non puoi portarlo in spiaggia, ci penso io, lo porterei in capo al mondo. Stiamo aspettando il suo ritorno come ritorno della luce in primavera e l’arrivo del Piccolo come avvento. Quando è nato Nipotino, Palla dopo il cesareo difficile non ha voluto altri che te vicino. Ora sei qui. Vorrei prenderti per mano e danzare insieme a te, come faccio a perforare la corazza che la mia loquacità cela e dirti quanto mi fa impazzire vederti così, e insieme che sono sicura che ce la farai, tornerai Mamma, rompiscatole e tirannica quanto ti pare, e nessuno di noi rimpiangerà la tua fragilità silente?
7 luglio
Non piangere. La schiena ti fa male, la bocca è di nuovo rigonfia e ferita, gli occhi sofferenti. Dici che questo è un male infinito. Assumi un’espressione mesta quando ti dico, sbagliando nell’intento di farti piacere, che ho intenzione di utilizzare quel girasole ricamato che mi hai fatto l’anno scorso per decorare un giubbetto; pensi che non sarai più in grado di fare nulla, che il Piccolo sta per nascere e tu non gli hai fatto neanche un bavaglino. Il come prima è il vero ante quem della tua storia ora. Non è così, o forse applico anche a questa situazione la mia incoscienza difensiva. Saprai ricostruirti come donna, sapremo ricostruirci come famiglia. Certo temo. A volte mi coglie lo sgomento: e se succedesse qualcosa a papà? Quando ha fatto il controllo alla gola mi sono detta, se trovano qualcosa di strano anche a lui, me ne vado raminga ad arenarmi infine a un pontile abbandonato. Chissà perché mi viene in mente che spero, promitto e iuro reggono l’infinito futuro. Filastrocche di liceo, eppure quest’immediatezza di futuro all’infinito mi fa sentire protetta da quel timeo che invece ha bisogno di articolare tutto un sistema al congiuntivo con tanto di preposizioni. La speranza allora è più forte della paura, se non ha bisogno di inscenare una danza di guerra. Non piangere, Cucciolo. Vorrei abbracciarti spesso, tenerti stretta al seno come facevi tu con noi bambine, accarezzarti il viso per farti capire che non ha nulla di ripugnante, anzi. E sto ferma in un’incapacità di dar corpo e mani ai sentimenti.

3 agosto
 Ieri volevo scrivere della nascita del Piccolo, è arrivato all’improvviso in una notte calda, fregandosene delle valigie pronte per andare da Palla prima dell’evento. Volevo scrivere del brindisi di benvenuto in casa nostra alle tre di notte, Cucciolo, papà, Nipotino-ora-fratellino e io ancora più Zia con Ste compagno affettuoso! Invece eccomi qui, mamma è sprofondata in un abisso di occhiaie nere come pece, inappetenza e prossemica difensiva. È un’ombra degli inferi. Anchise apparve al figlio in foggia sicuramente più materica. Mi sento impotente perfino col mio arsenale di preghiere. A quante porte sto bussando? Mi sono abbandonata alla luce. Ora mi sento in una scatola di cartone consumata. Mi manca l’aria. Basta. Cuore ridotto in una gabbia toracica ristretta dalla compressione di queste forze contrarie. Quando sarà il tempo dei fiori odorosi? Che fai? Te ne vai davvero? Hanno deciso davvero che è arrivato il tuo momento?
18 agosto
Il Piccolo è arrivato da Nord con mamma-Palla e compagno. Occhi blu, ti osserva e sembra già scrutarti. Nipotino è impazzito per il fratellino nuovo di zecca e noi con lui. Papà porta in scena ogni sera nelle piazze il suo spettacolo. Strappa agile alla chitarra note allegre e neanche noi vediamo bene l’abisso che scava dentro. Ieri ti abbiamo accompagnato Ste e io per la chemio. Una ragazza nascondeva la sua storia sotto una parrucca castana e la signora truccata alla moda colorava di fucsia la vita. Con Ste ci siamo rifugiati nel cortile, la frescura dei pini dava un’illusione montana e lontana. Niente sentore di paura, olezzo di sofferenza, solo resina e carezze di vento. Sei uscita pallida, ti sei sforzata di mangiare qualcosa per farci piacere e a casa hai salito i gradini malferma. Stamattina hai sulle guance quel rossore innaturale da giorno dopo che, tutto sommato, ora ti dona. Ti sforzi di spazzare per terra, cucini e rifiuti aiuto. Capogiri, sguardo opaco e talora fisso. Poi il Piccolo arriva con Palla fresco di bagnetto, odora, lui, di promesse e speranze,  Nipotino gli canta filastrocche. Lo prendi in braccio e la vita si sente tornare a sferzare nelle tue vene come l’acqua nelle tubature dopo la siccità, sorridi e lo raccogli come un coniglietto tra braccia e petto. Vi guardo e so che il domani odora già di nuovo.


::::::        ::::::    modificato il : 17/09/2009 da Magarotto Roberto    ::::::