La terapia del sorriso
Un'intervista a Flaminia Fegarotti
fonte : babele.news
SILVIA MARI
Laureata in Filosofia – Roma
Il primo tumore al seno destro arriva nel 2007, quando Flaminia ha 37 anni. Dopo la doccia, mentre mette la crema, attraverso l’autopalpazione, sente un piccolo sas- solino duro. Sette mesi prima ha fatto la consueta ecografia di controllo e tutto sembrava a posto. È una giovane donna, informata e scrupolosa, puntuale nei controlli. Dopo la scoperta del nodulo, segue la mammografia; poi l’ago aspirato, che non lascia dubbi. Flaminia ha un tumore al seno. «Come un piccolo ragno disegnato dalle mani di un bambino» . Lo descrive così, attingendo a una vivacità espressiva che le scorre nel sangue e che contagia chi l’ ascolta.
Flaminia è una giovane attrice di talento. Il suo corpo parla e racconta tante storie, danza e canta, si nutre di arte e fantasia. Ma di fronte al referto deve agire in fretta, essere lucida ed è più faticoso del previsto. «Già ho un tumore, devo anche scalare una montagna?». Descrive il disorientamento, forse perfino più forte del trauma di avere il cancro, e la difficoltà a trovare la strada della cura. Racconta di medici sbagliati. Il terrorismo psicologico subito dal primo senologo incontrato per convincerla a evitare la sanità pubblica e andare in clinica. «Mi propose», ricorda Flaminia, «15.000 euro per la mastectomia e la ricostruzione mammaria contestuale dicendomi che “negli ospedali pubblici dimenticano i bisturi nella pance”». Addirittura delle molestie sessuali ricevute dal secondo. Poi arriva l’incontro con il prof. Amanti, responsa- bile della chirurgia senologica dell’Ospedale Sant’Andrea di Roma, che prende in carico il suo caso e la indirizza alla struttura ospedaliera. «Mi sento seguita», prosegue Flaminia, «passo dopo passo. Al S. Andrea sono stata operata, seguita dagli oncologici, dal fisioterapista e dalla psicologa».
Ecco però che quando sembra avvicinarsi la guarigione, dopo due anni arriva il secondo tumore, tocca all’altro seno. Non una recidiva, ma un tumore di diversa natura e più aggressivo del precedente. Un seno costellato di piccole stelle: appare così l’immagine della risonanza. «Ero incredula», dichiara, « non potevo crederci, ero in mezzo al corridoio dell’ospedale, singhiozzante».
In tutto sei interventi chirurgici tra mastectomie e chirurgia plastica ricostruttiva, sempre seguita dal prof. Santanelli, responsabile della Chirurgia plastica dell’ospedale romano. Interventi correttivi dovuti a una difficoltà della sua cute a cicatrizzare bene, una prima cura ormonale a base di tamoxifene ed enantone, e ora la chemioterapia – ben sei cicli – per prevenzione. La menopausa temporanea procurata dalle cure. Ma Flaminia risponde con il sorriso e con un ottimismo che è tutt’altro che ingenuo o affogato nella rimozione. «Non mi- gliora la mia situazione se mi deprimo e mi rassegno. Se mi abbatto si indebolisce anche il mio sistema immunitario. Se
coltivo rancore, per quanto mi è accaduto, o risentimento. Il mio corpo – già vulnerabile – lo diventa ancora di più. «Perché devo facilitare il cancro o altre malattie? Devo essere io ad aggredire il tumore». Le terapie da sole possono non bastare, se l’atteggiamento psicologico ed emotivo della pa- ziente non è fiducioso e positivo verso la vita. La reazione dello spirito passa attraverso il corpo in una linea di osmotica continuità. Flaminia ne è assolutamente convinta.
«È stato terapeutico il mio lavoro in teatro. Sono tornata sul palcoscenico ancora convalescente. Ho continuato a recitare e a danzare, a interpretare ruoli femminili seduttivi, senza censure e senza nascondermi». È così che la solarità con tagiosa, annidata nel DNA di Flaminia, è diventata una testimonianza per tutte le donne che hanno incontrato il cancro. La difficoltà di interpretare e reagire alla sua malattia è stata, forse, più degli altri che non sua. I familiari arrabbiati e spaventati, un amico incapace di gestire la sola notizia del tu- more. Flaminia racconta la sua malattia senza il pudore colpevole che ancora tante donne associano al cancro al seno. Non vuole rimanere in silenzio. Per questo ha scelto di indossare sempre meno la parrucca, di curare la propria fem- minilità, di non rimuovere la sua intimità di donna, di non trascurare il corpo e le sue emozioni.
«Ho capito che dovevo assaporare il presente e che io, come tanti, vivevo schiacciata tra il passato e i progetti futuri, senza soffermarmi mai sul momento che vivevo». Per questo Flaminia dice che il cancro ha reso migliori e più forti le sue qualità dell’ animo e che il suo atteggiamento positivo l’ aiuta a convivere meglio con un corpo, giovane e bello, che è cambiato attraverso la chirurgia e le cure farmacologiche. «L’Associazione Incontra Donna, di cui faccio parte», ci spiega, «ha tra i propri obiettivi, oltre a quello di informare le donne con lezioni di oncologia, quello di aiutarle a non smarrire la femminilità e la bellezza che sembrano perdute». Sfilate, corsi di make-up, sostegno psicologico per difendere la normalità della vita di relazione. Rompere il silenzio, quindi condividere, significa non rimanere sole.
La vita di Flaminia è molto cambiata dall’incontro con il cancro, ma niente di lei è appassito o si è spento. Oggi ha 40 anni, è stretta da un circolo di amici fraterni, è attaccata alla sua vita di sempre e non ha rinunciato alle passioni e al sorriso. Un’allegria piena di razionalità, che non vuole dimenti- care niente e che vuole raccontare a tutte le persone che vivono la malattia che una medicina preziosa e insostituibile per vincere il tumore è proprio dentro di noi.
«Se chiudo gli occhi», conclude Flaminia, «e mi vedo tra cinque anni, sono sposata e ho un figlio tra le braccia. Questo il mio sogno più grande». Il ritratto della sua guarigione. ♦
:::::: Creato il : 15/10/2010 da Magarotto Roberto :::::: modificato il : 15/10/2010 da Magarotto Roberto ::::::