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storia di nicola (oltre la malattia, verso nuove vette) [01/12/2007]

La la mia storia e' cominciata nel 2001 quando da una piccola abrasione all'altezza della coscia destra mi veniva riscontrato un cancro in metastasi che era gia' arrivato ai linfonodi dell'inguine. In seguito ho subito vari interventi all'intestino sotto l'iliaca fino ad arrivare prima allo sterno ed in seguito alla schiena . All'inizio i medici cercano di comunicarti con gentilezza e sensibilita' che hai questa malattia, ma qualcosa dentro te cerca di prendere le distanze dal corpo, come volesse cancellare il problema, cerchi un tuo rifugio da dove poter vedere il mondo restando pero' al sicuro ma non lo trovi. In quei momenti non capisci bene cosa ti sta succedendo, non sai cosa fare, cosa dire, guardi chi ti sta attorno per potere avere una risposta o la soluzione al tuo problema. Tutti sdrammatizzano, ma tra un sorriso di circostanza e le  soluzioni proposte dai medici, capisci che la cruda e dura verita' e'che hai IL CANCRO. Tenti di alzare gli occhi al cielo e chiedere un aiuto da lassu', ma per avere, bisogna prima dare, ed io non ho mai dato molto. Un insetto intrappolato nell'ambra, ecco come mi sentivo. Non ti resta altro da considerare che la tua avventura terrena e' prossima all'arrivo e la disperazione ha il sopravvento cominci cosi' a perderti nel diluvio che e' dentro di te, cambiano tuoi sogni, i tuoi miti e una soffocante nostalgia fa passare piu' in fretta i tuoi giorni. Ritorna alla mente il tempo della gioventu', della spensieratezza e della forza, quando il mondo sembrava tuo ....... ma ora e' gia' tutto lontano ! Ora sai di essere un peso anche per i familiari, che oltre ai problemi della quotidianita', sono costretti a correre avanti e indietro in ospedale, sempre con l'angoscia che li accompagna. Poi il calvario degli esami, aghi aspirati, Tac, Pet, Contrasti, interventi, cannucce che ti escono da tutte le parti e tanta sofferenza. Arrivi al punto dove credi sia giusto lasciarti andare ed aspettare la fine con piu' tranquillita', ma qualcosa pulsa ancora, la voglia di non arrendersi, di resistere di vendere cara la pelle; si cerca cosÏ di rialzare la testa di essere ancora forte e fiero di vivere. Volevo che la vita mi regalasse la forza per un ultimo sogno: vedere l'Himalaya e le genti che vi abitano, scoprire la vita di civilta' millenarie, tutte cose viste solo sui libri e nei film. Tra un intervento e un altro mi informavo e documentavo sui percorsi e le difficolta' che eventualmente avrei incontrato per arrivare in Pakistan al campo base del K2. Nelle lunghe notti insonni pensavo di avere osato troppo, in quanto oltre alla gamba paralizzata per meta' ed al gonfiore della caviglia che non mi permetteva di allacciare lo scarpone, dovevo tenere conto di altre difficolta' come frequenti collassi, con conseguente perdita di sensi, di allergie di tutti i tipi, forse conseguenti alla cura di interferone fatta tra l'altro senza risultati positivi. Stanco di pensare e ripensare, ho fatto un passo in piu'. Ho contattato un'agenzia specializzata in trekking Himalayani, iscrivendomi cosi' ad un percorso che prevedeva ore ed ore di marcia (senza una guida a causa dei costi per me inaccessibili) ed una salita in vetta a 6000 metri di altezza da effettuarsi di notte per evitare lo sciogliersi della neve al sole. Sapevo che partendo per quel viaggio il biglietto poteva essere di sola andata ma del resto cosa avevo da perdere ? Ho cominciato cosÏ gli allenamenti prima autogestiti seppur molto severi, poi in palestra per evitare di rendermi un peso ai futuri compagni di trekking. Ho lasciato cosi' in un' altra dimensione ospedali, medicine, cure ed il 19 giugno -giorno del mio compleanno- sono partito: la mia follia era iniziata. Io non sono mai andato in montagna se non per brevi passeggiate con la famiglia, non ho mai raggiunto vette, ne' camminato per giorni, ma sono arrivato a toccare quasi il cielo solo con la mia volonta', le mie forze e una buona dose di coraggio, rendendomi conto che questa volta la realta' aveva superato i miei sogni piu' audaci. Al mio ritorno ho ripensato alle cose che avevo visto e vissuto: alla grande poverta' di quei popoli che in qualche modo hanno ridimensionato ogni cosa, ogni aspetto della mia vita. Vorrei realizzare un altro viaggio nella mia grande ASIA precisamente in Tibet, la' dove la vita e la gente e' ancora in grado di regalarti momenti veri, la' dove il tempo ha deciso di fermarsi per riposare tra verdi valli, sconfinati altopiani e bianche vette che graffiano il cielo. Forse arrivera' questo tempo che soddisfera' la mia sete di viaggiare, scoprire e trasmettere agli altri le mie emozioni. La mia anima non ha capelli bianchi e pulsa ancora forte. Per ora posso solo sognare quel cielo blu cobalto e continuare a camminare sul sentiero dei ricordi e di un prossimo futuro. Sono contento nonostante tutto di essere riuscito a guardare la malattia negli occhi, lasciandola alle spalle, non per dimenticare, ma perche' non mi renda schiavo, in fatti molte persone con questo male hanno cosi' paura di morire da non riuscire a vivere; ma líimportante adesso e' apprezzare tutte le cose belle che la vita da'. Spero con questo di lasciare un segno del mio passaggio, perche' qualcuno (se lo ritiene utile), possa imitarlo ricordando che la mia forza non sta nel non cadere mai ma nel rialzarmi ogni volta che cado. Nicola Bertazzoni


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