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invictus ( una poesia per pensare) [14/03/2010]

 

Invictus di William Ernest Henley
 
Out of the night that covers me, 

Black as the Pit from pole to pole, 

I thank whatever gods may be 

For my unconquerable soul. 


In the fell clutch of circumstance 

I have not winced nor cried aloud. 

Under the bludgeonings of chance 

My head is bloody, but unbowed. 


Beyond this place of wrath and tears 

Looms but the Horror of the shade, 

And yet the menace of the years 

Finds, and shall find, me unafraid. 


It matters not how strait the gate, 

How charged with punishments the scroll. 

I am the master of my fate: 

I am the captain of my soul.
 
Dal profondo della notte che mi avvolge
 buia come il pozzo piu’ profondo che va da un polo all’altro
 ringrazio quali che siano gli dei per la mia inconquistabile anima.

Nella morsa della circostanze,
non mi sono tirato indietro, né’ ho pianto.
Sotto i colpi d’ascia della sorte,
il mio capo sanguina, ma non si china.
Più in là, questo luogo di rabbia e lacrime
appare minaccioso ma l’orrore delle ombre
 e anche la minaccia degli anni
non mi trova e non mi troverà spaventato.
Non importa quanto sia stretta la porta,
quanto piena di castighi la vita.
 Io sono il padrone del mio destino:
Io sono il capitano della mia anima.
Invictus è una poesia scritta dal poeta inglese William Ernest Henley. Il titolo proviene dal
latino e significa "Invitto" ovvero "mai sconfitto".
All'età di 12 anni, Henley rimase vittima della tubercolosi. Nonostante ciò, riuscì a continuare i suoi studi e a tentare una carriera giornalistica a Londra. Il suo lavoro, però, fu interrotto continuamente dalla grave patologia, che lo costrinse all'amputazione di una gamba per soppravvivere. Henley non si scoraggio e continuò a vivere per circa 30 anni con una protesi artificiale, fino all'età di 53 anni.
La poesia "Invictus" fu scritta proprio sul letto di un ospedale in cui Henley era ricoverato ed è stata molto amata da Nelson Mandela durante la sua lunga prigionia.
 
Mi sono soffermata a meditare sui due ultimi potenti versi -quelli utilizzati anche per il trailer del film di Clint Eastwood in uscita nelle sale in questi giorni- 
Io sono il padrone del mio destino:
Io sono il capitano della mia anima.
 
Lo Spirito di ognuno di noi è un faro nella tempesta, eretto, indomabile. Il governo della nostra anima, le azioni che compiamo o le scelte che facciamo in circostanze avverse, porta alla padronanza del nostro destino, non certamente nel senso di poter modificare ciò che ci si oppone o che ci minaccia; questo senso è da rintracciare nel modo stesso in cui siamo capaci di affrontarle senza rifiutarle.
Se, ad esempio, la malattia di cui siamo affetti può portarci a morte certa e ci sforziamo con tutta la nostra anima di affrontare questa realtà ineludibile in pace, con forza e grazia, (e con l’aiuto dei pensieri di luce di chi ci sta accanto e ci accompagna, proprio perché a partire da noi stessi siamo tutti uniti nel credere fermamente della Vita del nostro Spirito, al di là del nostro corpo), quanto più dolce e sereno può essere il passaggio.
Al contrario di quanto avviene se affrontato nella paura.
 
Rifletto su questo, con l’aiuto di questi versi, per imparare la (giusta) morte mentre cerco di vivere la (giusta) vita.
Rossella
 
           
             William  Ernest Henley 
 
 
 
 

 


::::::    Creato il : 25/02/2010 da Magarotto Roberto    ::::::    modificato il : 14/03/2010 da Magarotto Roberto    ::::::
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