cari amici lettori,
grazie a tutti coloro che hanno scritto ed inviato testi e riflessioni sulle questione de " la verita' e la speranza in oncologia"
( trovate alcuni spunti in questa sezione)
a conclusione di questo nostro dibattito ritorno con voi al poeta italiano Cesare Viviani ( lo ritengo il poeta maggiore italiano vivente , escludendo il patriarca Zanzotto) e vi presento una sua riflessione, tratta dal volumetto di saggi "Il mondo non e' uno spettacolo" Il Saggiatore 1998, sulla magia della scrittura e il valore del tempo che resta .
( vi invito ancora e sempre a scrivere le vostre esperienze e magari a pubblicarle sul nostro sito)
La scrittura occupa quel finissimo crinale che unisce
gli incandescenti bagliori dell’istante nella giovinezza
con la paziente tenacia del tempo che resta
lavora sulla compresenza di vita e morte
sul loro inteccio vero e assoluto
per aprire un tempo, una durata
che non allontana l’assenza dalla presenza
Il tempo che resta e’ quella apertura che si crea
dall’esaltazione dell’esitenza alla pazienza dell’attesa
Non e’ una costruzione di sicurezze
Non e’ il pensiero del futuro come garanzia
Ma un filo esile e vertiginoso :
e’ il lavoro sulla materia
quel tanto che tiene in vista la morte e non la copre
La scrittura tocca l’assoluto di questa unità
Dove coincidono l’inizio e la fine
Con la più grande umiltà inaugura il tempo che resta.
Un futuro fragile , senza garanzie
Uno spazio piu’ che una durata
Una distensione di energie
in un luogo mirabile dove la vita
ha la stessa bellezza
e la stessa provvisorietà
del più vero dei paesaggi che abbiamo incontrato
la scrittura rappresenta quel livello di lavoro
che tocca il segreto dell’esistenza
senza pretendere di svelarlo
che puo’ aprire
quel tempo di immersione nel gesto e di distacco
quella rappresentazione di gioia suprema e di paura
che scandiscono gli attimi della nostra vita
: e’ il tempo che resta
CESARE VIVIANI
:::::: Creato il : 15/06/2009 da Magarotto Roberto :::::: modificato il : 15/06/2009 da Magarotto Roberto ::::::