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tecniche dell'ipnosi clinica ( dr.ssa paola brugnoli) [10/05/2009]

LE TECNICHE DI RILASSAMENTO
 
E IPNOSI CLINICA

NEL TRATTAMENTO DELL’ANSIA E DEL DOLORE

NEL PAZIENTE ONCOLOGICO




Dott.ssa Paola Brugnoli, Medico Chirurgo
Spec. Anestesia e Rianimazione
Perfezionamento in Anestesia Pediatrica
Perfezionamento in Terapia del Dolore e Cure Palliative
Direttore Scientifico Associazione italiana per lo Studio della Terapia del Dolore e dell’Ipnosi Clinica AIST
Membro American Society of Clinical Hypnosis ASCH



Oggi la neurofisiologia dell’ansia, del dolore e della sofferenza, si arricchiscono continuamente di nuove tessere che ne ampliano continuamente il profilo e quindi i confini. Nel dolore, da semplice segnale neurofisiologico si è andati individuando un modello nocicettivo espressione di un più vasto complesso fenomeno neuropsicofisiologico.
Tale complessità ha aperto una serie di problematiche che attendono una risposta. Attualmente si considerano l’ansia e il dolore come un’esperienza di natura multidimensionale, in cui accanto ad una dimensione somatodinamica, con le  modulazioni del dolore (periferica, segmentaria, soprasegmentaria) che svolgono un ruolo cruciale nel determinare il profilo che il dolore assume all’interno del paziente, fattori strutturali, affettivi e motivazionali, costituenti la dimensione psicodinamica del fenomeno doloroso.
Nell’ottica occidentale l’ansia e  il dolore vengono trattati spesso separatamente come dolore fisico o dolore psichico; non bisogna però dimenticare che l’uomo è un tutt’uno inscindibile di soma e psiche.



GLI STATI DI RILASSAMENTO

LO STATO DI RILASSAMENTO O VEGLIA RILASSATA

Questo stato particolare di rilassamento psicofisico è la tappa quasi obbligata per raggiungere qualsiasi altro tipo di stato di coscienza modificato. Si può anzi aggiungere che in determinati casi anche la veglia rilassata comporta già qualche momento nel quale i sensi iniziano a modificarsi, pur essendoci ancora una consapevolezza quasi piena, per divenire più sensibili, più fini, più attenti, più concentrati sia sugli stimoli esterni, ma più ancora sul “mondo interno”, anche di tipo liminale o subliminale. Sono stimolazioni di tipo diverso che provengono dal mondo interiore, in modo particolare dal profondo della propria coscienza, da quel labirinto che sottende angoli ancora nascosti della personalità e del modo di essere di ogni essere umano del pianeta Terra.
Sono momenti intensamente vissuti in cui l’“anima” o anche “la mente” tenta già di esprimersi con il suo linguaggio ricco di metafore, aforismi, allegorie, liturgie, archetipi e similsogni. Si può affermare che con la veglia rilassata in molti casi si avverte addirittura l’aumento di quel “flusso di informazioni elementari” di quell’”aumento di bit”che, in ultima analisi, va sotto il nome di coscienza, di consapevolezza, di sensazione di sé e di esistere, con graduale e progressiva partecipazione alla vita planetaria collettiva, per poi gingere infine al contatto con la vita cosmica.
La veglia rilassata si può ottenere in diversi modi, normalmente astraendosi per un certo periodo di tempo dal flusso delle informazioni afferenti provenienti dall’esterno attraverso i cinque sensi, quando si vivono momenti di silenzio rilassante che smorzano progressivamente l’attività corticale, in modo particolare frontale, oppure anche ascoltando musica per così dire personalizzata, cioè variabile da individuo ad individuo, a seconda dell’età, della cultura, dell’ambiente, del momento particolare in cui vive, dello stato d’animo di quel momento, delle credenze, delle aspettative, degli orientamenti psicologici e filosofici.
Da queste affermazioni risulta molto chiaro che di norma non è nemmeno possibile fornire esempi validi per tutti ed anche al limite per lo stesso individuo, essendo variabile il momento di predisposizione e di concentrazione attiva verso determinati e specifici momenti musicali. Ad ogni modo la musica, in tutte le sue infinite variabili, dalla classica alla sinfonica, da quella da camera, alla sacra, dal jazz al rock, dal blues alla tecno, è molto utile per raggiungere buoni stati di coscienza modificati, proprio a partenza dalla veglia rilassata, per inoltrarsi poi all’”ascolto progressivo”del  “mondo interno” che lentamente riaffiora lungo i canali dei centri sottocorticali e dei nuclei della base. In più è necessario anche imparare a vedere, con gli occhi dell’anima, cioè con visualizzazioni spontanee, la musica, di qualsiasi tipo essa sia, ritmica o sinfonica, classica o etno, blues o new-age, antica o moderna, jazz o barocca, sacra o rap, perché solo in questo modo essa può condurre a quei stati di veglia rilassata che portano più avanti anche ad altri stati più profondi e di conseguenza più degni di attenzione, legati anche a sensazioni provenienti non solo dal cervello razionale ma anche dal cervello creativo e soprattutto infine persino dal cuore.
La veglia rilassata dunque per me è molto importante e va considerata come il primo gradino sul quale poi eseguire un buon allenamento per i successivi stati di coscienza modificati. Quasi indispensabile, secondo il mio punto di vista, iniziare l’allenamento alla veglia rilassata con un operatore molto esperto, meglio se medico o psicologo, attraverso determinate metodiche di rilassamento che analizzeremo tre poco, in modo da acquisire bene i primi rudimenti di una tecnica che, dopo un certo numero di sedute, si può utilizzare da soli, in tutti i momenti in cui se ne sente il bisogno, in modo particolare nei periodi di superlavoro o di iperstress.
Considerando dunque il fatto che la veglia rilassata deve essere ritenuta il primo gradino per raggiungere poi gli altri stati di coscienza modificati, mi permetto di aggiungere che l’allenamento deve essere costante, senza stancarsi di praticarlo tutti i giorni, almeno per un certo periodo di tempo, non inferiore ad ogni modo ad un mese, periodo del resto variabile a seconda dello stato fisico, dello stato d’animo e delle motivazioni individuali, certamente quasi sempre diverse da soggetto a soggetto.
Molti soggetti iniziano la ricerca e l’analisi di questo tipo di esperienze con molto entusiasmo, ma poi, molto spesso, se non sono seguiti da vicino con un buon training, con il passare dei giorni, lentamente tutto si affievolisce, perde di importanza, addirittura fino a svanire del tutto. Ricordo però che di norma tutto ciò succede a soggetti con poca preparazione nel campo particolare degli stati di coscienza modificati, ed in modo ancor più specifico a molti di coloro che, anche nelle normali pratiche della vita quotidiana, non presentano quella costanza, pazienza e perseveranza necessarie per raggiungere l’obbiettivo prefissato, oppure pensano di poter raggiungere tutto da soli, senza nessuna guida, che possa dare loro almeno i primi rudimenti di una preparazione che comunque deve essere sempre seria ed accurata. E opportuno ricordare e considerare che anche il primo gradino, proprio lo stato di coscienza modificato di veglia rilassata, abbisogna sempre e comunque di una buona dose di forza di volontà, accompagnata da quel grado di costanza e determinazione che sole riescono a portare a termine ogni compito, più o meno difficile, della vita.
La veglia rilassata si presenta dunque molto importante per imparare gradualmente quel dato tipo di “riposo mentale”, di “affievolimento progressivo degli input esterni”, di “parziale inibizione corticale”, necessario per raggiungere poi altri stati di coscienza modificati sicuramente più importanti ai fini di una buona realizzazione della conoscenza di se stessi e degli altri.
Un modo “rilassato” di agire e di vivere aiuta a risparmiare energie per le cose essenziali.
Chi si esercita con costanza in queste tecniche, acquisisce inevitabilmente un atteggiamento più sereno. Questo non significa che vengano repressi sentimenti ed emozioni, ma scompaiono solo i disturbi emotivi dovuti ad un atteggiamento contratto.
I sentimenti e le emozioni, non solo rimangono vivi, ma vengono sviluppati e colti nella loro interezza, attraverso un approfondimento adatto all’intima natura di ognuno di noi.
La nostra vita si svolge in diversi tipi di stati di coscienza: quelli che noi normalmente abbiamo presenti sono lo stato di veglia normale e lo stato di sonno.
Tra la veglia e il sonno sono stati classificati molteplici stati intermedi di coscienza, molti dei quali sono già stati descritti attraverso studi scientifici ed esami diagnostici (lo stato di rilassamento, il sonno, il coma, l’attenzione, la concentrazione e molti altri). Noi ovviamente prenderemo in considerazione quegli stati di coscienza come il rilassamento, e la meditazione, che ci interessano nel nostro percorso.
Ma che cos’è la coscienza? Secondo i testi di neurologia è: “Il correlato soggettivo di certe attività cerebrali”. In verità essere coscienti di qualcosa è un’esperienza che tutti conosciamo, ma di cui non è possibile dare una spiegazione riduttiva.
Lo stato di rilassamento, differisce anche dal punto di vista neurologico dal sonno, e si presta favorevolmente ad allenare la mente in un secondo tempo all’attenzione e alla concentrazione.
Attraverso prima gli stati di rilassamento, durante i quali conosceremo meglio noi stessi, arriveremo così agli stati di meditazione e concentrazione chiamati anche di “iperveglia” , nei quali le percezioni sono particolarmente vive e lucide, come negli stati provocati da sostanze chimiche come adrenalina o anfetamine. Ma la grande differenza è che lo stato di concentrazione attiva, non prevede assolutamente l’uso di farmaci, ma si può ottenere attraverso l’esclusivo allenamento mentale.
 Ognuno di noi possiede quelle capacità che fanno parte dell’intelligenza: l’attenzione, l’autocontrollo, l’entusiasmo, la perseveranza, la capacità di automotivarsi, che sono così importanti nella vita.
Spesso dobbiamo solo imparare ad usarle.
Per poter disporre di queste qualità, che sono state date in dono ad ognuno di noi, non sono fortunatamente necessari lunghi e difficili tirocini: anzi le tecniche che vi proporremo saranno oltre che facili anche molto piacevoli.
Dovete solo lasciarvi prendere per mano, e lasciarvi guidare nella comprensione e nell’apprendimento delle vostre attitudini emozionali.
L’allenamento costante all’uso di tecniche di rilassamento e di concentrazione, dà una capacità enormemente maggiore di apprendere e di intraprendere.
Il grande psicologo americano Abraham Maslow, ha chiamato queste capacità  peak-experiences ossia “esperienze di vetta”. Queste esperienze si possono raggiungere con molteplici tipi di tecniche: dalle tecniche meditative Yogiche o Zen, da tecniche meditative spirituali di varie religioni, e con tutte le tecniche che descriveremo di seguito.
La comprensione di poter guidare ed usare le nostre emozioni a nostro vantaggio,  ci insegna anche come addomesticare i nostri impulsi più distruttivi, preservando e plasmando le nostre emozioni più preziose e costruttive.
Durante queste tecniche non vi è alcuna “suggestionabilità”  sulle proprie convinzioni morali, o alterazioni nel pensare, o perdita di autocontrollo; anzi, vi troverete in uno stato di maggior apertura della vostra mente in senso positivo e cioè alla scoperta non solo di benessere, pace e tranquillità, ma nel ritrovare proprie capacità andate perdute nel tempo, o non ancora conosciute.
Queste tecniche aprono quindi l’ingresso ad una sorta di nuovo territorio interiore, che ci aiuterà a scoprire il meglio di noi stessi.

LE TECNICHE DI RILASSAMENTOE DI IPNOSI CLINICA IN TERAPIA DEL DOLORE


L’ipnosi può essere considerata come un processo di apprendimento a sviluppare, in conformità con determinati principi e ad opera di adeguati stimoli ,molteplici capacità che ampliando le dimensioni dell’uomo concepito come inscindibile unità psicosomatica, in condizioni di salute o di malattia, sono variamente ed ampiamente utilizzabili a fini sperimentali, profilattici diagnostici e terapeutici (Guantieri G.: L’Ipnosi. Ed. Rizzoli, 1973).
Si è definita terapia ipnotica la possibilità di indurre in un soggetto un particolare stato psicofisico, che permette d’influire sulle condizioni psichiche, somatiche e viscerali del soggetto stesso per mezzo del rapporto interpersonale stabilitosi tra il paziente e il terapeuta. Nella terapia ipnotica si rilevano spontanee modificazioni neurovegetative diverse secondo i vari soggetti (Antonelli F.). L’ipnoterapia è un metodo di indagine che permette di esplorare la possibilità di influire sulla patologia psicosomatica di un organo o apparato, per mezzo del rapporto interpersonale stabilitosi tra il paziente ed il terapeuta; ha la possibilità di servirsi dei comandi postipnotici per potenziare una eventuale psicoterapia di sostegno e rieducativa (Granone F.: Trattato di Ipnosi. Ed. UTET).
L’ipnoterapia agisce psicoterapeuticamente attraverso un duplice meccanismo: produzione di materiale psicodinamico significativo, e miglioramento (o almeno mutamento) immediato della cenestesi (Guantieri G.).

Le tecniche di rilassamento e ipnosi clinica alla scoperta del profondo Sé
Ci sono momenti di consapevolezza attraverso la sofferenza e durante il corso della vita, dove ogni processo di pensiero si ferma …e si diventa completamente consapevoli dell’esistenza senza creare alcuna reazione o risposta.
Il sé si espande al di lá dell’ottica delle preoccupazioni quotidiane, esce dal tempo e dalla definizione, e si rende conto di essere una sfaccettatura dell’origine senza descrizione dalla quale tutte le cose, reali o immaginarie, hanno il loro inizio. È una presa di coscienza intuitiva, un’epifania.Questa è l’esperienza trascendentale. Essa trasforma le astrazioni filosofiche in un’esperienza profondamente più reale di qualsiasi altro evento della vita. È un risveglio spirituale: si sprigiona un’ondata di comprensione della propria vita che fluisce all’indietro nel passato e in avanti nel futuro. I turbamenti e le ingiustizie del passato vengono messi a riposo, le paure ed angosce del futuro svaniscono nell’immaginazione da cui sono venute. Questa è la terra sacra, questa è la connessione divina, l’origine da cui nascono tutte le differenze ed a cui tutte le differenze infine ritornano. È un momento eterno nel quale chi vede e ciò che viene visto, chi conosce e ciò che viene conosciuto, condividono la stessa radice.In questo stato non vi è conflitto con gli interessi altrui, nessuna lotta fra estremi opposti. Tu sai, con chiarezza cristallina, che sia la tua sofferenza che quella del mondo derivano dalle strutture arbitrarie delle preferenze indottrinate e dei giudizi. L’illusione della separazione svanisce. In tutta probabilità, dai tuoi occhi sgorgheranno lacrime di compassione ed il tuo cuore si aprirà a più amore di quanto tu possa immaginare. L’energia dell’attenzione, che era rimasta intrappolata in memorie emotivamente dolorose, si libera per portare i sensi a nuovi orizzonti di percezione. Dettaglio e bellezza ritornano nel mondo.Ti rendi conto che questo stato ti è sempre disponibile, uno stato ben più vicino alla tua vera essenza di quanto lo siano le etichette che indossi nell’esistenza quotidiana. È uno stato più profondo che le qualità mutevoli del mondo ed attribuisce priorità alle cose importanti della vita. Quando si è in grado di fare esperienza di sé come diversi dall’intelletto, si diviene capaci di vedere le strutture di premesse e credenze che filtrano e distorcono la propria comprensione della realtà (ed il controllo di essa). Queste credenze sono raramente utili, sia che siano state indottrinate al servizio di un interesse altrui o che siano state adottate in un momento doloroso di paura o confusione. Più spesso si rivelano essere limitanti ed autosabotanti, e nel peggior caso completamente debilitanti. Tutte insieme determinano il proprio punto di vista nella vita, ma restano celate all’ordinaria consapevolezza intellettuale.Le difficoltà per chi non ha fatto Avatar sono due: primo, scoprire l’esistenza di queste credenze (assieme ai motivi che ne vengono portati a sostegno), e secondo, sostituire queste credenze con una saggezza discriminante ed autocontrollata. Entrambe queste difficoltà, insieme a molte altre potenziali problematiche, vengono risolte attraverso l’apprendimento dell’uso corretto degli strumenti Avatar. Quanti aspetti della realtà vengono determinati dal punto di vista che hai adottato? Più di quanti tu possa pensare. Cambia il tuo punto di vista, e puoi cambiare la tua vita.

Cerchiamo ora di capire, come  attraverso le tecniche di rilassamento e di ipnosi clinica possiamo aiutare il paziente in terapia del dolore a controllar il dolore e l’ansia.
Le tecniche di rilassamento, insegnano al paziente a controllare le emozioni nei momenti di ansia, non facendosi sopraffare da esse, ma volgendole a proprio vantaggio.
Il rilassamento,  può essere definito come:
l’opposto dell’attivazione, quindi non è necessariamente uno stato di riposo, ma di normalizzazione delle funzioni vitali, e quindi loro migliore utilizzo.


Reazioni fisiologiche del rilassamento:

1.    rallentamento della frequenza respiratoria e regolarizzazione dei cicli respiratori
2.    riduzione del consumo di ossigeno
3.    rallentamento e normalizzazione della frequenza cardiaca
4.    normalizzazione della pressione arteriosa
5.    normalizzazione del diametro pupillare
6.    normalizzazione della sudorazione
7.    diminuzione e normalizzazione del tono della muscolatura scheletrica
8.    normalizzazione della funzione di organi ed apparati
9.    normalizzazione della secrezione ormonale
10.    stato di benessere fisico e psichico
11.    controllo del dolore acuto e cronico

La  reazione fisiologica di rilassamento consiste fondamentalmente in un abbassamento generale dell'intensità di eccitazione dell’organismo.
Le complesse reazioni fisiologiche che si manifestano nel nostro corpo durante il rilassamento non devono essere confuse con quelle caratteristiche del sonno.
L'insieme delle risposte che costituiscono lo stato rilassamento sono opposte rispetto alle reazioni di emergenza tipiche dei riflessi di lotta e di fuga. Il rilassamento si identifica quindi attraverso una riduzione ed una regolazione dell’attivazione di numerose funzioni dell’organismo.

Reazioni psicologiche del rilassamento:

1.    sensazione soggettiva di tranquillità e benessere
2.    autoregolazione di fronte a stimoli stressogeni interni ed esterni
3.    equilibrio emozionale e controllo delle proprie emozioni
4.    equilibrio psico-fisico
5.    controllo e attivazione di funzioni mentali quali attenzione e concentrazione


Infine lo stato di rilassamento non consiste nel ridurre al massimo le funzioni fisiologiche, bensì nel mantenere una condizione di equilibrio della loro interazione.
Il controllo dell’ansia e dello stato di allerta, elemento fondamentale per la terapia del dolore, può essere ottenuto con tecniche di mental training sia  di  rilassamento che di ipnosi clinica, che danno risultati che vanno ben oltre una eventuale terapia farmacologica mirata allo stress o al dolore, senza avere effetti collaterali come quest’ultima. Le tecniche impiegate variano a seconda delle preferenze, delle capacità individuali, del tipo di dolore e dalla situazione clinica del paziente.
L’uso di queste tecniche, attraverso la soppressione di ansia e stress, e migliorando la concentrazione mentale, può migliorare l’analgesia del dolore già ottenuta con i farmaci fino a portare anche ad una completa anestesia del dolore, specialmente di tipo cronico e da cancro.
D’altro canto e non meno importante, questo miglioramento non è solo fine a se stesso, ma pone l’uomo in prima persona e con il suo ruolo, di fronte alla concretezza ed al significato dei propri vissuti, alla propria realtà individuale, al proprio essere nelle relazioni interpersonali, verso una apertura che possa ampliare anche il proprio orizzonte sia  umano, che mentale, e scientifico-culturale.
Una tale esperienza, è quindi importante non solo nell’analgesia del dolore, ma come bagaglio, per tutta la vita.
Le tecniche in uso come mental training in terapia del dolore aiutano il paziente a smorzare l’emotività, l’insonnia, l’ansia e i disturbi fisici correlati, lo stress e la depressione.
Le tecniche di rilassamento e di ipnosi clinica sono quindi molto efficaci in terapia del dolore, specialmente quando parliamo di dolore totale.
Le tecniche di rilassamento mirano ad accrescere le risorse mentali  del soggetto, allenandolo a confrontarsi con la situazione critica ed aumentare il suo senso di controllo.
Durante la seduta di rilassamento viene modificata la realtà sensoriale  attraverso lo stato rilassato dell’apparato muscolo scheletrico. In queste condizioni il soggetto vive il rapporto col proprio corpo in modo diverso dall’esperienza quotidiana.
Durante l’induzione del rilassamento o di ipnosi, l’operatore terapeuta  attraverso la tecnica usata, insegna al soggetto uno stato di coscienza modificato (= intermedio tra la veglia e il sonno) che attraverso una realtà sensoriale diversa, lo aiuta ad elaborare una condizione di migliore adattamento agli stimoli stressogeni, e al dolore.
Spesso ci si sente rivolgere la domanda, specie da pazienti particolarmente ansiosi:
”Ma come posso fare a rilassarmi se non ho un minuto di tempo a disposizione?
Il ritmo sempre più incalzante degli impegni, a volte anche ad ore impossibili, diventa tumultuoso ed a volte difficile da sostenere.
La tecnologia, invece che aiutarci, spesso diventa un peso, anche perché è necessario controllare tutto quello che ci serve in quel dato momento. Siamo costretti a vivere sempre più controllati e precisi.
A volte basta un nonnulla per “far traboccare il vaso” e farci “saltare i nervi”.
L’imperativo ora è che non bisogna mai disperare perché c’è sempre qualcosa di buono, anche nel ritmo tumultuoso del giorno d’oggi. C’è sempre una soluzione che a volte è proprio lì a portata di mano: l’allenamento mentale il “mental training” attraverso il rilassamento e l’ipnosi clinica.


Come avviene una seduta di rilassamento e ipnosi clinica in terapia del dolore:
La seduta di rilassamento e ipnosi clinica, può essere svolta singolarmente per ogni paziente, oppure può essere una seduta di gruppo, ad esempio in pazienti oncologici , o nella preparazione al parto indolore in ipnosi.
La seduta avviene quasi sempre partendo da tecniche di rilassamento di vario tipo, elaborate dal terapeuta ed approfondite, a seconda delle finalità e del tipo di intervento da effettuare: ad esempio si può partire dalle tecniche di Jacobson o di Schultz, o molte altre che vedremo, come base di rilassamento psichico o in analgesia del dolore. La scelta e la conduzione del tipo di tecnica sarà fatta in base alle esigenze di applicazione della stessa, e alle capacità del terapeuta.
Il nostro metodo si basa sulla concezione che il mental training puó esser considerato: come una fase di apprendimento  di alcuni processi mentali utili in terapia del dolore e della sofferenza.
Distinguiamo nella seduta di mental training  ( rilassamento o ipnosi) due fasi:
•    la preinduttiva (= il colloquio con il paziente, prima della seduta  vera e propria)
•    la fase induttiva = la seduta di mental training vera e propria.
Nella fase preinduttiva avviamo un colloquio rivolto, oltre che a raccogliere i dati anamnestici
(= storia clinica e psicologica) a mettere in evidenza elementi che conducano ad una eventuale evidenza  di altri problemi  correlati, e ad un orientamento sulla personalitá del paziente, stabilendo nel contempo un adeguato rapporto interpersonale di fiducia ed empatia tra paziente ed operatore terapeuta.
Spieghiamo quindi, con il frequente ricorso ad analogie, che il mental training non é altro che un processo di apprendimento a sviluppare un particolare stato mentale e fisico, diverso sia dal sonno sia dalla veglia, (= stato intermedio tra il sonno e la veglia), che permette un nuovo modo di funzionare dell'organismo, assai produttivo, in uno stato di coscienza diverso dalla veglia e dal sonno; questo stato produce un susseguirsi di processi mentali, sfocianti in veri e propri processi di apprendimento(=processi di apprendimento di facoltà latenti che non avevamo ancora usato al meglio, come rilassamento, concentrazione, controllo del dolore e molte altre).
Come ogni altro processo di apprendimento, le tecniche di rilassamento e ipnosi implicano particolari conoscenze (= le tecniche di rilassamento e di ipnosi) e attitudini (queste ultime presenti allo stato latente in ognuno di noi) e un metodo di addestramento ( con terapeuta esperto) da seguire con interesse e costanza, che procede gradualmente, come ogni altro tipo di apprendimento, attraverso varie fasi.
Tale apprendimento non implica peró alcun impegno particolare, in quante l'avviarsi ed il procedere di determinati meccanismi per azione delle tecniche di mental training indotte dal terapeuta, sono del tutto spontanei. É sufficiente infatti dirigere l'attenzione sulla voce del terapeuta: questa agirá su determinati centri nervosi, sia come stimolo fisico, alla stregua  di una musica o di un suono, sia come stimolo psicologico, favorita dalle condizioni ambientali, dal passare del tempo, dall'orientamento mentale del soggetto.
La posizione piú adatta a permettere lo sviluppo del rilassamento é quella che si concilia con il rilassamento muscolare. Invitiamo pertanto il paziente ad assumere una posizione confortevole in una poltrona. Consigliamo al soggetto  di chiudere gli occhi,  ed ancora di rivolgere  l'attenzione sulle nostre parole.
Avvertiamo poi che lo stato di rilassamento unitamente all'azione del timbro, tono e volume di voce, determinerá dei cambiamenti soggettivi del corpo e della psiche, ad esempio come inerzia o torpore o rilassamento o distensione.
A tali modificazioni, progressivamente sempre piú evidenti, potranno seguire gradualmente, in un primo tempo il desiderio di abbassare le palpebre, successivamente la loro chiusura, (se ciò non è ancora stato fatto), comunque non indispensabile.
Parallelamente ai suddetti cambiamenti se ne stabiliranno altri nelle strutture cerebrali, responsabili di un riposo del tutto particolare, sempre piú completo, diffuso, profondo.
Tale riposo si estenderá fino a coinvolgere ogni struttura mentale, nervosa, muscolare, provocando altre modificazioni ancora, avvertite come molto benefiche (come il rilassamento muscolare dopo uno sforzo intenso, o la diminuzione dell’ansia, o la diminuzione del dolore). L'attenzione orientata costantemente dalla nostra voce verso tali cambiamenti sará in grado di percepirli e di apprezzarli sempre piú.
Il soggetto imparerá cosí ad entrare in un piacevolissimo stato, del tutto nuovo, ad opera degli stimoli impiegati, cosí come ha giá imparato ad entrare, in modo del tutto spontaneo, nella veglia dal sonno o nel sonno dalla veglia o nel dormiveglia da ambedue oppure nel sogno dal semplice sonno o forse in altri stati mentali ancora, ad opera di stimoli diversi.
Il più delle volte a questo punto un soggetto può già cominciare ad entrare in stato di rilassamento, e si può proseguire con le tecniche specifiche, di rilassamento o di ipnosi.
Dallo stato di rilassamento cosí sviluppatosi potrá distogliersi con altrettanta facilitá, seguendo determinati suggerimenti che verranno dati al momento opportuno. Ad ogni seduta verrá cosí realizzato, molto piú agevolmente e rapidamente che in altri allenamenti, quanto appreso in occasione della seduta precedente, mentre andranno pure affinandosi di volta in volta nuove capacitá mentali, rivolte allo specifico caso.
Insistiamo anche sul fatto che le esperienze saranno sempre piú piacevoli e fonte di soddisfazione, come sempre avviene, d'altronde, quando si procede con successo in un nuovo campo di attivitá che interessi particolarmente.
Nella fase di induzione facciamo leva fondamentalmente sulla parola, adeguatamente impiegata attraverso le varie tecniche. Essa é infatti, a nostro parere, il piú potente attivatore del processo di mental training, sia fisiologico sia psicologico, in quanto, esprimendo nello stesso tempo emozioni, suoni e concetti, viene a riassumere in sé stimoli che, appartenendo ad ognuna delle categorie esposte di mezzi induttori, agiscono, contemporaneamente e in tempi diversi, su ciascuno dei meccanismi mentali che vogliamo attivare ad esempio in analgesia del dolore.
Inizialmente manteniamo lo stesso tono, timbro e volume di voce impiegato durante il colloquio informativo, immediatamente precedente l'induzione: inseriamo peró nel contempo tra una parola e l'altra pause di silenzio, progressivamente meno brevi. Realizziamo cioé in un primo tempo, lentamente e gradualmente, una stimolazione essenzialmente meccanica, che risponda ai requisiti della monotonia e ritmicitá.
I concetti suggeriti dovranno altresí riuscire non sgraditi; vi dovrá essere ancora immedesimazione da parte del terapeuta in quanto va dicendo: non si puó certamente trasfondere in altri quanto non sentiamo e ció cui non crediamo, quanto cioé non é presente in alcun modo in noi. Alcuni terapeuti associano agli stimoli verbali contatti fisici o altri mezzi sonori (musica) o luminosi.
I contatti fisici, ad esempio il posare le mani sulle spalle del soggetto possono certamente facilitare in certi soggetti la comparsa dei fenomeni che si desiderano ottenere, rendendo piú intimo il rapporto interpersonale; possono peró in altri essere controproducenti, quando vengano avvertiti come imposizione o intrusione da parte del terapeuta oppure come soccombenza ad esso, non accettate dal soggetto.
L’associazione della musica , gradita al paziente può essere utile in terapia del dolore sia per il rilassamento che per facilitare la tecnica di analgesia usata, ma non sempre è necessaria.
A mio parere, la parola, se adeguatamente impiegata, puó essere di solito del tutto sufficiente ad indurre rilassamento e analgesia, senza alcuna necessitá di stimolazioni supplementari, piú o meno complesse.
Successivamente, comparsi i prodromi del rilassamento, modifichiamo, pure con gradualitá, le caratteristiche della voce, diversamente da individuo a individuo, in modo che vengano ad esser soddisfatti specifici bisogni affettivi individuali e sviluppata spontaneamente la relazione interpersonale terapeuta- paziente piú opportuna. Chi desidera infatti esser guidato con dolcezza ha bisogno di stimoli verbali diversi, non solo per i concetti che esprimono ma anche per il modo con cui vengono dati, da quelli necessari a chi desidera invece essere condotto autoritariamente o a chi infine preferisce esser semplicemente indirizzato e quindi lasciato libero il piú possibile da interferenze nello svolgimento della sua attivitá mentale. I concetti vengono  suggeriti i piú lati possibili (inerzia, torpore, rilassamento, riposo). Il paziente puó tradurre cosí in realtá concrete questi concetti in modo del tutto soggettivo e piú liberamente di quando vengono dati suggerimenti specifici quali leggerezza o sonno, che nella fase iniziale dell'induzione possono venir rifiutati anche in quanto ancora irrazionali. Tali realtá finiscono per identificarsi, grazie anche alle aspettative avviate nella fase preinduttiva, nell'inibizione in fase di rilassamento dei movimenti volontari, la quale apre la strada all' «approfondimento» del mental training, per scopi specifici (quali la terapia del dolore).
Tale fenomeno di rilassamento completo dei muscoli motori ed abbandono di tensioni mentali (quali ansia) anche se non suggerito in alcun modo, consegue di solito spontaneamente al senso di inerzia o torpore, svluppato soggettivamente come leggerezza o pesantezza (piú frequente) o come altra sensazione ancora.
Risultano cosí ridotte o annullate, attraverso le esposte modalitá preinduttive ed induttive, eventuali resistenze mentali del paziente verso queste tecniche; sono attivate o potenziate piú facilmente le motivazioni; agevolata la raccolta di informazioni e la loro integrazione con quelle precedenti; facilitata quindi la collaborazione del paziente.
Il rapporto interpersonale che il metodo tende a stabilire risulta analogo a quello esistente tra una persona che desidera acquisire determinate abilitá, conscia di averne i mezzi, ed un'altra, la quale, per mezzo di determinate istruzioni e stimoli, porta progressivamente ad una tale acquisizione, che essa pure ritiene possibile. La sorgente di informazioni (terapeuta) risponde inoltre in modo soddisfacente alle esigenze ed aspettative della maggior parte dei soggetti, mentre l'induzione di mental training in tal modo attuata viene a trovarsi inserita armonicamente e razionalmente nel contesto delle altre procedure medico-psicologico.
Terminata la seduta il soggetto é invitato a riferire su quanto ha sperimentato: le sue risposte e giudizi vengono presi in attenta considerazione, onde meglio comprenderne la personalitá, eventualmente migliorare la metodica di induzione, orientarsi ulteriormente sulle modalitá da seguire nel trattamento o potenziare infine determinati effetti terapeutici.




IPNOSI E WORKING MEMORY, OVVERO REALTA’ PERCEPITA
E REALTA’ RAPPRESENTATA

Con il termine rappresentazione mentale si fa riferimento, in psicologia cognitiva, al modo in cui acquisiamo e memorizziamo conoscenza.
I substrati neuronali e cognitivi delle nostre percezioni producono “rappresentazioni”: rappresentazioni del sé che conducono a concetti come quello di coscienza e rappresentazioni con cui il sé viene a contatto con la coscienza.
Il prodotto principale del nostro cervello è quindi un mondo rappresentativo, parallelo al mondo percettivo che permette all’individuo di interagire con la realtà che lo circonda, mediante rappresentazioni del sé, dell’ambiente e del sé che vi agisce. La funzione che ci permette di trattenere e di manipolare con gli occhi della mente una rappresentazione quando il suo substrato non è più presente, si identifica con il concetto di “memoria che lavora”, la “working memory” degli anglosassoni.
La working memory è un modello cognitivo che comprende molte componenti tra loro eterogenee, che concorrono tra l’altro a favorire la comprensione e la rappresentazione mentale dell’ambiente che ci circonda. Sull’efficienza della working memory e delle immagini mentali si basa la nostra creatività intesa in senso ampio: da quella che ci permette di eseguire uno scanning mentale per decidere la strada più breve per andare da un luogo all’altro, a quella che ci fa evocare immagini di una realtà appunto rappresentata e cioè un indimenticabile luogo con percezioni, profumi, sensazioni già percepiti ed ora rappresentati.
Che rappresentazione e percezione condividano lo stesso substrato biochimico neuronale è una tesi che si è diffusa a partire dagli inizi degli anni ’90. Per sostenerla, ci si è basati soprattutto su alcuni esperimenti che avevano lo scopo di studiare il tempo di scansione visiva ed immaginativa. (Shepard e Metzler, 1971; Kosslyn, 1983).
Il nostro cervello trasforma quasi istantaneamente i messaggi sensoriali in percezioni consapevoli con la partecipazione collettiva di milioni di neuroni (W. J. Freemann).  Il cervello cerca l’informazione percettiva.  
Questa ricerca è il prodotto di una attività che si organizza autonomamente e si svolge nel sistema limbico (la parte del cervello che include la zona che si ritiene interessata anche negli stati emotivi nella memoria), il quale trasmette un ordine di ricerca ai sistemi motori.
Quando l’ordine viene trasmesso, il sistema limbico emette un cosiddetto messaggio di riafferenza, che pone in stato di allerta tutti i sistemi sensoriali affinché si preparino a rispondere alla nuova informazione. Ed essi rispondono alla raffica di impulsi con una attività neuronale collettiva di diverse aree cerebrali. Questa attività è quindi ritrasmessa al sistema limbico dove si combina nuovamente con segnali provenienti da altri sistemi sensoriali, analogamente attivati, per formare un concetto vissuto ricco di significato.
La consapevolezza potrebbe essere l’esperienza soggettiva di questo processo ricorrente di comando motorio, riafferenza e percezione. Se è così, essa permette al cervello di pianificare ogni successiva azione e di prepararvisi sulla base di azioni passate, di stimoli sensoriali e di sintesi percettive.
In breve, l’atto della percezione non è semplicemente la riproduzione di uno stimolo in arrivo, ma un passo nel cammino che il cervello percorre per accrescersi, organizzarsi e prendere contatto con l’ambiente, per poi utilizzare il tutto a proprio vantaggio (W. J. Freemann, 1991).
Dalle immagini della realtà percepita e rappresentata si può quindi recuperare la dimensione e l’equilibrio personale del rapporto emozione-sensazione-corpo.
Esse sono la manifestazione della relazione soma-psiche, che non siamo abituati a considerare mai, anche se ci accompagna in tutta la nostra vita di relazione.

LE TECNICHE DI RILASSAMENTO E IPNOSI CLINICA NELL’ANSIA ANTICIPATORIA DEL PAZIENTE ONCOLOGICO E NEI SINTOMI ASSOCIATI
E’ assodato che la nausea ed il vomito sono effetti comunemente associati con la chemioterapia oncologica e si presentano spesso come anticipatori rispetto alla terapia stessa; la sindrome  di ansia anticipatoria di nausea e vomito (ANV) è stata studiata sotto i seguenti aspetti: introduzione, prevalenza, eziologia, fattori predispositivi, trattamento farmacologico, ipnosi, rilassamento muscolare progressivo, desensibilizzazione sistematica, distrazione attentivo-cognitiva, trattamenti clinici e conclusioni. Delle tante ipotesi proposte per spiegarne l'eziologia, la sola che sembra apparire accettabile è basata sul modello del condizionamento della risposta, inoltre, l'elicitazione dell'ANV è data anche dalla "forza" delle droghe antiemetiche, dal numero di trattamenti ricevuti, dal tempo di infusione, dalla presenza di ansia e "sapori" durante l'infusione e dall'età.
Si è notato come, grazie a tecniche quali l'ipnosi, il rilassamento muscolare e la desensibilizzazione sistematica, si possa ridurre con successo l'anticipazione di detta sintomatologia. In uno studio di Z. Rosberger (1989) sull'uso dell'ipnosi come aiuto alla riduzione degli effetti post-chemioterapici si è evidenziata un'effettiva riduzione del l'ansia e della nausea ma non di quella anticipatoria e della frequenza e dell'intensità vomitiva; paragonato ad altri studi sull'argomento se ne può dedurre che l'ipnosi può sì favorire un rilassamento ed una riduzione della nausea, ma non quanto la desensibilizzazione sistematica.
Tra le molteplici ricerche sul campo (E.H.Shapiro, 1987; C.S.Feldman, 1989) si è anche effettuato un intervento tramite video-tape per vedere se questo poteva sortire gli stessi effetti ma con un costo nettamente inferiore alla pratica in vivo (richiesta di personale altamente specializzato). Un interessante studio al riguardo è stato condotto da S.Ridge nel 1990 su 24 pazienti oncologici che, divisi a caso in due gruppi, ricevettero il primo una sessione videoregistrata di rilassamento muscolare con l'uso di immagini guidate mentre l'altro fungeva da gruppo di controllo: i risultati ottenuti dimostrarono un maggiore controllo sul proprio corpo nonchè l'aumentata capacità di rilassamento nel gruppo sperimentale ma nessuna significativa differenza tra i due per quanto concerneva l'anticipazione della sintomatologia vomitiva. Questi risultati hanno fatto supporre che dei fattori non specifici possano essere alla base di detta sintomatologia e che, in ogni caso, il trattamento comportamentale sia d'aiuto in pazienti con chemioterapia oncologica anche in assenza di risultati significativi sulla sintomatologia caratteristica.
L'ipnosi è stata usata con successo nel trattamento dei pazienti oncologici a qualsiasi livello di patologia e grado di dolore; l'esperienza del dolore non è influenzata soltanto dai fattori fisiologici collegati all'evoluzione della patologia stessa ed al trattamento oncologico, ma anche da fattori psicosociali tra cui spiccano il supporto sociale e l'umore: ognuno di essi deve essere tenuto in considerazione per la riuscita del trattamento antidolorifico. E' anche vero che il successo dell'uso dell'ipnosi dipende dal grado di ipnotizzabilità dei pazienti, dal loro particolare stile cognitivo, dalla loro specifica motivazione al trattamento nonchè dal livello delle funzioni cognitive.
In uno studio del 1988, L.Kuttner et al. verificano l'efficacia dell'ipnosi immaginativa sulla riduzione del dolore, dello stress e dell'ansia in bambini affetti da leucemia, durante la puntura di aspirazione midollare. Vennero formati tre gruppi di trattamento casualizzati in base all'età (da 3 a 6 e da 7 a 10 anni), furono organizzate due sessioni d'intervento: nella prima fu osservata una significativa ri duzione dello stress, nel gruppo più giovane, tramite il trattamento ipnotico, mentre nel gruppo dei più grandi si osservò una riduzione significicativa in entrambe le condizioni d'osservazione ovvero dolore ed ansia.
Rapkin D.A. et al. (1991) condussero un breve studio sull'uso dell'ipnosi con immagini guidate nella preparazione operatoria di un gruppo di 36 pazienti affetti da tumore alla testa o al collo: 15 di essi volontari fecero parte del gruppo sperimentale mentre, i restanti 21, ricevettero la procedura standard pre-operatoria e funsero da gruppo di controllo; il periodo di degenza post-operatoria fu nettamente minore per il gruppo sperimentale, inoltre, sempre in questo gruppo, venne rivelata una correlazione negativa tra ipnotizzabilità e complicazioni chirurgiche nonchè sempre una correlazione negativa tra ipnotizzabilità e perdita di sangue durante l'intervento chirurgico. Questi risultati suggeriscono che l'ipnosi con immagini guidate può essere di profilassi e beneficio nella riduzione delle probabilità di complicanze post-operatorie nonchè nella durata del periodo di degenza.
Un altro studio importante sull'ipnosi è sicuramente quello condotto da Syrjala K.L. et al. (1992) sull'efficacia delle tecniche psicologiche nella riduzione del dolore, della nausea ed emesi nella post-chemioterapia; lo studio venne effettuato su 67 pazienti affetti da diversi tipi di leucemia che dovevano essere sottoposti a trapianto di midollo osseo. Questi vennero assegnati, casualmente, a quattro gruppi distinti: uno di training ipnotico, uno di training cognitivo-comportamentale, uno di colloquio terapeutico ed un gruppo di controllo al quale non veniva somministrato alcun trattamento diverso dalla solita procedura. A tutti vennero somministrati due test (Sickness Impact Profile - per l'analisi delle funzioni fisiche - ed il Brief Symptom Inventory - per le funzioni psicologiche) i cui risultati furono poi usati nell'analisi della covarianza. Le variabili biodemografiche comprendevano la scolarità, l'età ed una "variabile rischio" basata sulla diagnosi e sul numero delle remissioni o riacutizzazioni della malattia; i pazienti dei tre gruppi sperimentali si incontrarono con uno psicologo clinico per due sessioni di training pre-operatorio e dieci sessioni in ospedale durante tutto il corso del processo di trapianto: 45 pazienti completarono lo studio e tutte le misurazioni necessarie. L'analisi delle principali variabili in esame mise in evidenza che l'ipnosi si era rivelata utile nella riduzione del dolore durante il corso del trapianto mentre la nausea, l'emesi e l'uso di oppioidi non differirono significativamente tra i tre gruppi sperimentali, inoltre l'intervento congitivo-comportamentale non si rivelò di nessun aiuto nella riduzione della sintomatologia presa in esame.


 
L’intervento terapeutico delle tecniche di rilassamento e ipnosi

è soprattutto finalizzato a mettere a fuoco e a ristrutturare, attraverso processi
di autostima e di rinforzo dell’Io,
le regole cognitive seguite dal soggetto
alla base della risposta emozionale disturbata
ad esempio nel dolore cronico
Le tecniche di rilassamento mirano ad accrescere le risorse mentali  del soggetto,
allenandolo a confrontarsi con la situazione critica ed aumentare il suo senso di controllo.
Durante l’induzione del rilassamento e dell’ipnosi,
il terapeuta  insegna al soggetto uno stato di coscienza modificato
 (= intermedio tra la veglia e il sonno)
che attraverso una realtà sensoriale diversa,
lo aiuta ad elaborare una condizione
di migliore adattamento
agli stimoli stressogeni e dolorosi


Analgesia ed ipnosi:
I meccanismi che stanno alla base dell’analgesia ipnotica, non appaiono ancora chiari, come d’altronde oscuri rimangono tutt’ora molti aspetti del processo che è alla base del dolore.  Secondo Kroger con l’analgesia ipnotica, gli impulsi dolorosi, verrebbero effettivamente  bloccati, quindi non avvertiti, a livello di determinate strutture (tratti corticospinotalamici); a tale blocco non sarebbero estranee anche altre formazioni:sistema limbico e reticolare attivatore. Si verificherebbe così una “ablazione sinaptica” o una “lobotomia psicologica” (Rosen): il soggetto è cioè cosciente dello stimolo, che però non raggiunge i recettori corticali.
Viene a mancare così l’effetto: il dolore non è così percepito come dolore, bensì come stimolo tattile o pressorio. Secondo Wall l’ipnosi può modificare la conduzione del dolore anche a livello spinale. Per Marmar l’ipnosi eleva la soglia del dolore e riduce la risposta allo stimolo algogeno, in quanto rende il soggetto indifferente ad esso.
Per Raginsky l’analgesia ipnotica sarebbe da riferire all’amnesia che segue spontaneamente  all’ipnosi, o a specifici suggerimenti; per Shor alla riduzione o eliminazione dell’ansia che si accompagna al dolore, contribuendo generalmente a sostenerlo. Pinelli, il quale riferisce immodificata nell’analgesia ipnotica la soglia della sensibilità epicritica, prospetta come ipotesi di lavoro, che tale assenza di ansietà possa venire riferita ad una relativa esclusione della diffusione degli impulsi delle vie paleospinotalamiche.
Infine, considerando l’ipotesi di lavoro di Melzack e Loeser , detta della “neuromatrice” (Lancet,Sett.1999)
sulla percezione del dolore possiamo ulteriormente provare a dare una spiegazione all’analgesia in ipnosi: secondo gli Autori nella corteccia ha sede la neuromatrice, che dovrebbe essere composta da una fitta rete di neuroni, che genera nel corso del tempo autonomamente, in una mappa corticale, una immagine mentale del corpo. Su di essa il cervello proietta i vari segnali che danno forma e consistenza al dolore; questo modello potrebbe spiegare perché la sensazione di dolore sia strettamente e squisitamente individuale e modificabile in ipnosi.

L’IPNOSI NEL DOLORE CRONICO ONCOLOGICO
L’uso di metodi psicologici nel trattamento delle malattie, è antico quanto la storia dell’umanità. L’aspetto psicologico della medicina costituisce l’arte della medicina e trasforma il medico da un’abile tecnico, in una fonte, per l’uomo necessaria, di fiducia, di speranza, di assistenzae, ciò che è più importante, di motivazione verso il benessere fisico e mentale. Non è quindi sorprendente che l’ipnosi debba essere considerata come una misura psicologica nel trattamento delle malattie croniche dolorose (Erickson M.H.: Le nuove vie dell’ipnosi. Ed. Astrolabio).
Si deve tuttavia sottolineare che l’ipnosi può non essere una risposta definitiva e che in talune situazioni deve essere associata, o non può sostituire taluni procedimenti medici. Piuttosto è una delle misure coadiuvanti o sinergiche che possono essere associate ad altri svariati tipi di terapie per meglio far fronte ai bisogni del paziente. Si tratta perciò di un complesso problema che riguarda sia le esigenze del corpo fisico, che i bisogni della personalità.
La medicina moderna deve indagare sulle associazioni tra gli aspetti psicologici e le manifestazioni fisiche delle malattie; l’ipnosi apre le porte di un interesse più approfondito verso come si comporta e reagisce la persona attraverso il proprio corpo proprio corpo.
Oggi quindi le tendenze dell’ipnosi si imperniano sulla comprensione scientifica del funzionamento del corpo umano, e delle forze che l’influenzano.
L’ipnosi può venire usata per  suscitare gli apprendimenti acquisiti dal corpo umano, ma di cui la persona è ignara (Erickson H.M.). Il dolore e lo stress costituiscono due dei più grandi problemi della medicina, nei loro numerosi aspetti: è necessario analizzarli, sezionarli e studiarli con ogni mezzo a nostra disposizione.
Per il dolore cronico si possono usare molte tecniche ipnotiche a seconda del tipo di paziente e del tipo di dolore cronico, soprattutto della sua durata e della sua consistenza.
Per ottenere risultati migliori.è però anche necessaria una certa collaborazione da parte del paziente in modo da sfruttate appieno tutto ciò che può essere utile per quel determinato caso.


 
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::::::    Creato il : 02/06/2009 da Magarotto Roberto    ::::::    modificato il : 30/06/2009 da Magarotto Roberto    ::::::