Psicologia del Ciclo della Vita
Sabato 4 Aprile 2009
Università degli Studi di Bologna
Relatore prof. Marco Ferrini
Centro Studi Bhaktivedanta
www.c-s-b.org
Cari amici,
sabato 4 aprile ho partecipato al seminario. Ecco qui di seguito una relazione in cui cercherò di riassumere i punti salienti dell’interessante relazione del Prof. Ferrini. Scusate la lunghezza, ma l’incontro è durato ben 5 ore e riassumerlo in poche righe era un’impresa ardua.
• L’idea che nella maggior parte delle persone persiste della morte è molto nichilista. Solitamente, infatti, al concetto di Morte si accomuna quello di Annientamento dell’esistenza. Nella filosofia indiana, (come certo alcuni di voi sanno ), si parla di Ciclo della Vita in un senso pieno, che include naturalmente anche la Morte, in quanto parte del Tutto. Si tratta di un concetto evolutivo della vita, che non si limita a vedere la vita terrena come un segmento legato alla sola vita corporea, ma è molto più ampio.
• La psicologia del Ciclo della Vita deve includere anche ciò che accade al nostro Spirito dopo la morte, fino alla successiva rinascita. La Morte è solo un concetto astratto e non una realtà dell’Essere. La morte è solo una trasmigrazione dell’Essere e non è fuori dalla vita ma uno dei suoi aspetti.
• Questo concetto di Vita Evolutiva si fonda sul progressivo desiderio di avvicinamento alla perfezione e alla immortalità (dell’anima), attraverso una rapporto creativo con la natura e con gli altri. Questa meta si può raggiungere progressivamente attraverso il sentimento dell’Amore. Le potenzialità di raggiungimento di questa beatitudine appartengono a tutti noi, non solo ai grandi mistici o guru o santoni; ci rende indipendenti dalla realtà esterna e dai suoi condizionamenti. Ci rende liberi.
• La pratica della meditazione (Dhi) tende a modificare il principio ordinario pensante, un prodotto della mente automatica, originato dalla nostra stessa attività neurale. Questo tipo di pensiero è anche all’origine dei pensieri negativi, limitanti e disturbanti dell’azione del nostro vero Sé. Nella meditazione, grazie a un costante esercizio, si finalizza lo stesso pensiero verso un preciso argomento fino a far diventare questo controllo una facoltà acquisita.
• Sforziamoci, quindi, di estendere la nostra visione per accogliere il principio che afferma: quando si muore si cambia solo stato e dimensione. Il mondo che noi definiamo reale non lo è più di quanto lo sia quello del sogno.
• La conoscenza puramente intellettuale non è sufficiente per penetrare all’interno di realtà più profonde, la realtà dell’Atma, l’Essenza di ciascuno di noi, la Coscienza . Imparando attraverso la meditazione a diventare consapevoli della realtà che sta oltre l’apparenza e a utilizzare consapevolmente la nostra Coscienza facciamo balzi in avanti nel nostro percorso evolutivo.
• Quando il nostro corpo, in quanto elemento materico, non è più adeguato ai fini della nostra evoluzione viene abbandonato, affinché si possa proseguire e passare ad un livello più evoluto. In questo passaggio, attraverso l’unione con il Divino, si completa quel ciclo della nostra evoluzione, fino a quando non sarà necessaria un’altra incarnazione, un altro corpo per proseguire con altre esperienze materiali. Il saggio, il mistico o colui che ha visto o è riuscito a sviluppare sicurezza di questo processo continuo non ha alcuna paura della morte. Nascere e morire sono processi indispensabili all’evoluzione della Coscienza. Le esperienze terrene servono a questo e non sono tutte necessariamente negative o di sofferenza: si impara anche attraverso la gioia e, soprattutto, attraverso l’Amore. Le esperienze traumatiche (come certamente è la malattia) rientrano in questo quadro e servono a risvegliare i più riottosi.
• Ecco, quindi, che il Ciclo di Vita in questa ottica evolutiva diviene un’opportunità che ci viene data per perfezionare le nostre qualità latenti. La Vita viene vista come Viaggio. Il mezzo è la Coscienza. Il fine è la scoperta dell’Amore come forza creatrice e propulsiva. Quando si sarà compiuto l’intero ciclo fino a sviluppare pienamente il Fine non si avrà più alcuna necessità di un corpo fisico, ma ci si trasformerà in un Corpo di Luce.
• In questo nostro operare da ricercatori spirituali è necessario divenire consapevoli dell’importanza che rivestono le nostre reciproche proiezioni. Senza esserne consapevoli proiettiamo sugli altri le nostre paure, le nostre aspettative. Diveniamo capaci di vedere ciò che gli altri proiettano su di noi quando diventiamo capaci di vedere ciò che noi proiettiamo sugli altri. Da questo punto vista, l’approfondimento di questa parte più oscura e nascosta di noi può essere raggiunto anche attraverso lo studio e l’ascolto attivo dei nostri sogni, dei dati che emergono nei nostri sogni. Teniamo conto soprattutto degli incubi, perché hanno molto da insegnarci sui contenuti del nostro essere, contenuti che il nostro Ego in stato di veglia rifiuta e respinge.
• Le impronte disturbanti si manifestano soprattutto quando stiamo per raggiungere un successo, quando stiamo per fare scelte importanti per la nostra evoluzione: sentimenti di inferiorità, di inadeguatezza si affacciano e ci sommergono. Sono vecchi condizionamenti che si attivano solo in circostanze speciali. Se siamo attenti e non ci facciamo bloccare possiamo essere in grado di elaborarli e di procedere, di andare oltre nel nostro cammino. Sono impronte karmiche, tracce di eventi pregnanti della/delle nostre precedenti esistenze che non sono stati superati. Il nostro compito e vederli, divenirne consapevoli e superarli qui ed ora. Queste tracce si manifestano anche attraverso i sogni e ci “attaccano” durante la veglia proprio quando siamo sulla giusta via.
• Se noi vogliamo diventare la migliore versione di noi stessi dobbiamo comprendere di più del nostro Essere Spirituale e imparare ad accogliere e campionare gli elementi inconsci.
• Esiste un modo di imparare a morire, di imparare il distacco. Possiamo esercitarci a vivere in autonomia affettiva rispetto ai nostri cari e/o alle cose a cui siamo legati. Questo significa imparare a liberarci dalla dipendenza. Vivere la gioia e condividerla, donarsi completamente senza aspettarsi nulla in cambio. Fuggire dalla logica del “ti amo se, a patto che…” per abbracciare quella del “ti amo comunque tu sia”. Fare quello che sentiamo giusto fare per il progresso del nostro Sé Spirituale senza curarci di quello che gli altri possono dire o fare, senza paure o pregiudizi. Dobbiamo liberarci dalle paure.
• Jiva-bhuta-sanatanah. In queste 3 parole è contenuto il principio del ciclo di vita.
Jiva indica il principio di Vita. E’ eterno, è pura energia non soggetta al tempo, non invecchia e non muore.
Bhuta indica gli elementi che Jiva struttura per vivere in questa dimensione materiale. Non è eterno perché è fornito di una massa (corpo) soggetta al tempo, quindi invecchia e muore. E’ semplicemente il veicolo con cui Jiva viaggia nella realtà terrena tridimensionale.
Sanatanah esprime la qualità dell’Atma (la nostra vera Essenza), che è eterna. Non ha niente a che vedere con il tempo.
Jiva passa ciclicamente attraverso diverse ricostruzioni e distruzioni della materia per fare le sue esperienze nel mondo finché la Coscienza ne ha la necessità. Poi entra in corpi di Luce che hanno la sua stessa natura. Per questo è del tutto inutile e fuorviante affezionarsi a questo nostro corpo. A partire dall’andropausa per l’uomo e dalla menopausa per le donne si mette in atto il programma di distruzione del corpo fisico. Il nostro corpo ci serve solo per fare questo Viaggio, in quanto veicolo materiale affinché Jiva possa sperimentare ed evolversi nella materia. Quando saremo riusciti a sviluppare un essere più evoluto anche la nostra prossima struttura sarà più evoluta e le esperienze che verremo a fare nel mondo saranno di tipo completamente diverso, saranno il frutto dei nostri sforzi di crescita spirituale che abbiamo fatto nella vita precedente.
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