Per Una Vita Come Prima
Convegno del 21 Maggio 2011 – Negrar
Giornata ricca di interventi, di informazioni utili e di impulsi di riflessione questa del 21 Maggio a Negrar, che ha visto la partecipazione di tanti importanti esponenti del mondo associativo legato alla malattia oncologica.
La prima parte del Convegno si è centrata quest’anno sui Diritti del Malato Oncologico. Introdotti da M. Bonora, Presidente dell’Ospedale “Sacro Cuore-Don Calabria”, si sono avvicendati al tavolo: Elisabetta Iannelli (AIMaC), Francesco De Lorenzo (Favo), Francesco Maria Fazio (ANDOS), Giuseppe Dodi (AISTOM), Onofrio De Lucia (INPS), Massimo Gastaldo (ADO), Gaetano Benati (AMO).
Ha iniziato Elisabetta Iannelli, Vice Presidente Nazionale AIMaC, con un intervento dal titolo “I diritti dei malati oncologici: conquiste acquisite, traguardi da raggiungere”.
L’avvocato Iannelli ci ha esposto brevemente lo storico di questi primi 10 anni di attività di AIMaC: dalla nascita di questo organismo, che ha dato risposta a bisogni di vario tipo (assistenza, informazioni, ecc), alla creazione della Help Line per rispondere alle domande del malato e di chi lo accompagna. Il 2003 ha visto la prima edizione del Libretto dei Diritti del Malato e la prima norma specifica per i malati oncologici (che lavorano nel settore privato), che prevede il part-time per tutto il periodo della malattia. nel 2007 questa norma si è poi estesa anche al settore pubblico. Nel 2008 un’indagine dell’Istituto Piepoli conferma che per il malato oncologico la continuità del lavoro ha anche un valore terapeutico, che lo aiuta a vivere con pienezza. In ambito previdenziale, l’accertamento dello stato di invalidità diventa punto essenziale, senza il quale non si ha accesso ai diritti previsti dalla legge. Nel 2006, con la legge 80, si ottiene finalmente una norma specifica, che prevede una corsia preferenziale per l’accertamento della condizione di invalidità: entro 15 giorni dalla presentazione della domanda. AIMaC continua a monitorare questa situazione, affinché si possa giungere a una eguale applicazione della legge su tutto il territorio nazionale. Nell’Agosto 2009 si giunge a una legge che prevede l’informatizzazione per l’accertamento della disabilità da parte dell’Inps. Altro elemento su cui AIMaC ha sempre concentrato la propria attenzione è l’importanza della riabilitazione per il malato, soprattutto nel periodo post-fase acuta. Nel 2008 esce il Libro Bianco della Riabilitazione e poi, nel 2010, le Linee Guida delle Riabilitazioni. Si è contemporaneamente portato avanti un vero e proprio pressing presso il Ministero della Salute affinché fosse varato un Piano Oncologico Nazionale e far sì che la legislazione specifica potesse estendersi correttamente su tutto il territorio azionale in maniera capillare. Nell’ambito della VIa Giornata del Malato Oncologico, Giovedì 12 Maggio 2011 è stato presentato il "3° Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici", che prosegue e approfondisce le analisi avviate nel 2009 insieme al dal Censis sulla stessa materia. si è potuta presentare una relazione che fotografava la situazione italiana sotto tutti gli aspetti. Ai 3 Ministeri –Salute, Lavoro, Regioni- è stato presentato un rapporto dettagliato, per prendere atto delle disfunzioni e individuare le soluzioni per risolvere i problemi. Continua poi il monitoraggio per l’applicazione della legge sul territorio, e soprattutto della disponibilità dei farmaci: Aiom denuncia che non tutti i farmaci sono disponibili in tutte le regioni con la stessa tempistica. Il Ministero della Salute ha emanato un provvedimento per la predisposizione dei farmaci innovativi su tutto il territorio. Si è anche dato impulso a una revisione delle tabelle di valutazione per l’invalidità civile: attualmente non rispecchiano la condizione del malato e vanno aggiornate. Occorre una certificazione specialistica oncologica per l’accertamento della disabilità ed evitare ritardi. Si sta anche lavorando di concerto con Sindacati e associazioni dei datori di lavoro per raggiungere due obiettivi: retribuzione completa sul lungo periodo e maggiore tutela del posto di lavoro.
Il Prof. De Lorenzo, Presidente Nazionale di FAVO -(F.A.V.O. nasce nel 2003 come “associazione delle associazioni” di volontariato a servizio dei malati di cancro e delle loro famiglie)- ha iniziato ricordandoci che oggi FAVO riunisce più di 500 associazioni e che ha il compito da dare una sola voce alle diverse progettualità portate avanti dalle singole associazioni, per poter parlare con le Istituzioni e ottenere risultati apprezzabili. FAVO ha, inoltre, stretto in questi anni alleanze fondamentali con società terapeutiche come AIOM, SIMFER, AIRO, ecc. Il cancro oggi sta diventando sempre più una malattia cronica e proprio per questo bisogna puntare al recupero di una completa qualità della vita, attraverso procedure di riabilitazione, ove necessario, nel periodo post-terapeutico o post-acuto. C’è scarsa cultura anche nei confronti di quei malati che non hanno previsioni di guarigione certa, ma occorre impegnarsi tutti per far sì che questi possano ottenere una condizione di vita sostenibile. Essere insieme anche come federazione ha portato a stimolare anche la ricerca per studi che elaborino strategie di cura atte a migliorare la qualità della vita. Allo stesso tempo, si opera per ottenere dappertutto una maggiore umanizzazione degli ospedali, stimolando opportune strategie gestionali in questo senso: riabilitazione, sostegno psicologico, continuità della cura, informazione e comunicazione, centri di ascolto. Per questo si è sollecitata la stesura del Piano Oncologico Nazionale, che ha recepito tutti questi temi, grazie anche al fatto che FAVO è stata inserita nella commissione di studio. Questo è l’unico strumento che consente di superare le difficoltà in Regioni in cui non esistono hospice, supporto psicologico o assistenza domiciliare. Il Piano è lo strumento strategico per superare le disparità. Tra i temi affrontati c’è certamente anche quello dei farmaci innovativi: si è puntualizzato che questi devono essere disponibili senza nessuna differenza tra le Regioni e che, per tutte queste ragioni, il Piano deve essere trasposto all’interno di Piani Regionali. In vista dell’imminente entrata in vigore delle norme che regoleranno il federalismo fiscale, FAVO si farà carico di interloquire con le Regioni per evitare un aggravio di costi e un aumento di disparità fra i diversi organismi regionali. Allo stesso modo, si sta facendo pressione sul Ministero preposto affinché i malati oncologici possano avere accesso a sperimentazioni cliniche all’estero, in altri Paesi europei. Il Prof. De Lorenzo ha inoltre sottolineato che è fondamentale tenere sotto controllo e approntare strategie per tutto il periodo di follow-up ed evitare la “sindrome da abbandono”, che il malato può, a volte, sperimentare subito dopo la fine del periodo strettamente terapeutico.
Il Prof. Francesco Maria Fazio, Presidente di ANDOS (Associazione Nazionale Donne Operate al Seno Onlus), ha reiterato l’importanza di fare avanzare il discorso sulla riabilitazione e ha riconosciuto a FAVO il merito di aver creato un’importante rete di rapporti per raggiungere obiettivi fondamentali. ANDOS si è sempre occupata attivamente del problema della riabilitazione: nel caso specifico, le quadrantectomie spesso portano a linfedema e, per questo, è necessario il riconoscimento di invalidità civile. Ha poi sottolineato con decisione l’importanza di una maggiore perequazione della qualità della vita: occorre leggere con attenzione il 3° rapporto dell’Osservatorio sui Diritti del Malato per conoscere quello che si è già riusciti a fare e mettere insieme le opportune strategie per intervenire ulteriormente ed eliminare le sperequazioni che ancora sussistono.
Il Prof. Giuseppe Dodi, Presidente di AISTOM (Associazione Italiana Stomizzati, una associazione di volontariato con sede a Roma) ha sottolineato che la gestione del malato oncologico richiedeun impegno umano, civile e sociale, oltre che medico-scientifico e che occorre portare una particolare attenzione all’individuo, alla persona. AISTOM, si è costituita a Roma 37 anni fa (l’8 ottobre 1973) su promozione dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano, grazie al Prof. Bucalossi e al Prof. Marcellino Pietroiusti (ideatore e fondatore dell’Associazione, scomparso nel marzo 1997); fornisce centri riabilitativi enterostomale, consulenze (esiste un numero verde), assistenza sanitaria, riabilitazione psichica, ecc. ; ha promosso la pubblicazione del libro “La vita è bella! – I diritti dello stomizzato”; si impegna costantemente per promuovere una migliore e più opportuna legislazione, come il “Nomenclatore delle protesi ed ausili, col quale gli atomizzati possono ottenere sacche e altri ausili sanitari. AISTOM si sta facendo promotrice di nuove importanti proposte, quali ad esempio: a) centri provinciali polivalenti riabilitativi, nonché per la prevenzione e la cura dell’incontinenza stomale urinaria e fecale; b)la FAVO dovrebbe essere coinvolta, anche con parere consultivo, nelle campagne ministeriali e regionali; c) la creazione dell’Istituto Regionale e Nazionale per la poliposi familiare; d) la revisione dei livelli di invalidità civile; e) il miglioramento dei LEA – Livelli Essenziali di Assistenza.
Il Dr. Onofrio De Lucia -Medico Legale e Oncologo, Dirigente INPS- ha evidenziato quanto sia importante parlare di diritti e non semplicemente di bisogni del malato oncologico. Ha proseguito ricordando che la Legge 833 del ’78 e la successiva Legge 104 del ’92 ha cambiato i fondamentali dei Diritti sull’invalidità e la disabilità: la tutela dei diritti da concessione di benefici viene interpretata attivamente come fruizione di servizi, ove il cittadino diviene parte attiva. La legge impone più alti livelli di efficienza in erogazione di servizi, impostando il concetto di Globalità di Assistenza per affrontare tutti i problemi del malato oncologico. Oggi i parametri fondamentali su cui ci si muove sono: a)la Tutela della Malattia, b)la Tutela del Posto di Lavoro e c)la Tutela della Disabilità. Riguardo al primo punto, il Dr. De Lucia ha ben enumerato tutte le opportunità che la legge già oggi offre e le modifiche che è necessario apportare per renderla più equa (soprattutto riguardo alla distinzione tra Periodo di Comparto e Periodo di Cura, o per la migliore considerazione dei periodi di assenza dal lavoro per terapie Salva-Vita). Oggi l’INPS tende a dare un’interpretazione estensiva del Periodo di Comparto e caldeggia l’inserimento nei contratti nazionali di lavoro di un Periodo di Lunga Malattia, che deve avere durata di almeno 2 anni e potrebbe anche consentire di differire la richiesta di inabilità permanente. Riguardo al secondo punto, la Legge 247 del 2007 e poi la 104, regolano i giorni di permesso retribuito per malattia oncologica. Per quel che riguarda il terzo punto, si evidenzia una realtà polimorfa, che necessita di unificazione e un unico ente e/o commissione di accertamento. La Legge 335 tenta di introdurre anche nel settore pubblico norme simili a quelle già esistenti per il settore privato. La prospettiva auspicata è quella di uniformità per tutti i lavoratori. La conquista e la meta da raggiungere è il riconoscimento di indennità di accompagnamento per il malato oncologico in trattamento chemioterapico e la redazione di nuove tabelle per il certificato oncologico. Su questo fronte, viene segnalato il Decreto 38 del 2000 che propone 3 nuove tabelle di rischio oncologico per dipendenza di malattia da ambito professionale.
Massimo Bonora, Presidente dell’Ospedale Sacro Cuore-Don Calabria, ha evidenziato diversi aspetti e doveri di una struttura ospedaliera che si rivolge ai malati oncologici. Il Diritto all’Accoglienza, che si traduce in un dovere per la struttura, di attenzione al malato come persona; il Diritto all’Informazione, come condivisione di informazioni sulle procedure, corsi formativi per tutto il personale medico e paramedico; il Diritto di Accesso a Cure ottimali, visto che oggi esiste una disparità di accesso a cure radioterapiche con tempi di attesa inaccettabili e che necessitano di un adeguamento; il Diritto alla Riabilitazione: qui l’Ospedale Sacro Cuore, avendo sempre creduto in questo importante aspetto di cura, si evidenzia per la creazione di uno specifico dipartimento; il Diritto a ottimali Cure del Dolore, intendendo cure di supporto e palliative: anche su questo fronte il Sacro Cuore si fa notare per la creazione di un reparto specifico e per mettere sempre in primo piano l’obiettivo primario di creare un ospedale senza dolore; il Diritto al Supporto Psicologico, che è un servizio già fornito dall’Ospedale Sacro Cuore, non soltanto per i malati ma anche per le famiglie.
Dr. Massimo Gastaldo , ADO, Verona- ADO è un’associazione di assistenza domiciliare oncologica, che nasce 18 anni fa a Verona su esigenza dei medici di base. Il personale ADO è stato formato con competenze specifiche e ha il compito di assistenza del malato e anche di rilevamento dei bisogni della famiglia e/o di cure specifiche di diverso genere. Si basa su un lavoro di equipe multi professionale integrata e stabile, costituita da medici, infermieri professionali e volontari formati ad hoc; l’equipe fornisce assistenza domiciliare gratuita anche per gli ultimi 3 mesi di vita con operatori formati in Cure Palliative; ADO promuove a questo scopo attività di formazione in itinere e permanente di tutti gli operatori; si attiva anche per la raccolta fondi, la istituzione di corsi, convegni, ecc; ha ricevuto nel corso di questi anni molti riconoscimenti ed è accreditata presso la Società Italiana di Cure Palliative;
Dr. Gaetano Benati -responsabile medico AMO, Associazione di volontariato che agisce in Provincia nel territorio della ASL 22 nel distretto del lago di Garda e Monte Baldo - Si riscontra un progressivo aumento dei pazienti. Occorre redigere una Carta dei Diritti del Morente. L’Assistenza domiciliare è uno dei pilastri dei Diritti del Malato Oncologico: la Conferenza Stato-regioni del 15/12/2010 ha infatti ribadito che la rete di cure domiciliari palliative è ancora insufficiente e la necessità di un modello unico per garantire un livello di cure mediche accettabile ed equo. Riguardo specificamente alla Terapia del Dolore, il dr. Benati ha affermato che occorrono interventi più efficaci e una maggiore di formazione dei medici di base sulla terapia del dolore: spesso vengono prescritti i FANS, che ad oggi risultano essere quelli più usati, perché non vi è sufficiente conoscenza del fatto che questi non sono i più ideali per il dolore oncologico. Tra il 2004 e il 2009 si registra un incremento dell’uso degli oppioidi ed è calato l’uso della morfina: la presenza sul territorio di equipe che usano cure palliative migliora notevolmente questa situazione. La ASL 22 manca di Hospice e, quindi, si evidenzia la difficoltà di trattamento a domicilio adeguato per tutti i pazienti, che avrebbero bisogno di un aumento di professionalità sul territorio per portare avanti tempestivamente le opportune terapie antalgiche (ad esempio quando occorre fare una rotazione degli oppioidi e comunicare questo con competenza e professionalità sia al paziente che alla famiglia). Ove presente, si nota bene che un nucleo di Cure Palliative e l’Hospice aiutano il Medico di Base: bisogna ricordare che il passaggio da cure e terapie attive a cure di supporto e palliative è delicato, che richiede una forte alleanza terapeutica tra tutti gli operatori per migliorare la qualità della vita del paziente e della famiglia.
Il Prof. Marco Venturini, Direttore del Dipartimento di Oncologia di Negrar interviene proprio su quest’ultimo punto sottolineando a sua volta l’importanza della collaborazione tra equipe oncologica e medici di base, soprattutto nella fase di follow-up. Auspica anche un collegamento informatico, che dovrebbe iniziare al momento del ricovero in day-hospital per le prime cure e continuare per tutto il percorso, in modo tale da garantire una rete comune di informazioni sul malato, la possibilità di collegamento terapeutico e le visite.
Nel dibattito che è seguito, si è data brevemente risposta ad alcune domande specifiche. In primo luogo, la possibilità di adozione da parte di coppie con storie di malattie oncologiche. L’Avv. Iannelli risponde che attualmente non ci sono specifiche ricerche: la richiesta di adozione di un figlio dopo il cancro sta iniziando a sorgere adesso che la malattia tende a cronicizzare. Si sta portando avanti uno studio in collaborazione con AIOM, Istituto Superiore di Sanità e Ospedale S. Raffaele di Milano.
In secondo luogo, è stata richiesta una migliore specifica sul problema della reperibilità in corso di terapia: il Dr. De Lucia risponde affermando che il problema è superabile in quanto l’assenza eventuale è giustificabile dai pazienti neoplastici, che hanno bisogno di uscire per superare l’ansia. Nella maggior parte dei casi non si predispone neppure la visita di controllo e nessuna sanzione sarà prevista per i pazienti oncologici assenti al momento dell’eventuale visita fiscale.
La Tavola Rotonda è stata seguita da una serie di interventi sul tema “Modello integrato di cura oncologica: l’esperienza di Negrar”, moderatore F. Nicolis.
La prima relazione, del Dr. Roberto Magarotto (che tutti noi conosciamo bene) si è centrata sul tema “La certificazione europea: un percorso aperto”. La certificazione europea ESMO qualifica oggi diversi centri oncologici di tutto il mondo (17 in Italia). Negrar l’ha ottenuta nel 2009 e fino al 2012 (anno in cui dovrà produrre la documentazione idonea per la rivalutazione atta a verificare la permanenza di idoneità dei criteri necessari). L’Ospedale di Negrar si è aggiudicato questo qualificante certificato grazie alla stessa strategia organizzativa su cui si è scelto di fondare il centro Oncologico: integrazione tra cure attive e cure di supporto o palliative; filosofia di non abbandono del paziente come cardine; valutazione costante e stretta collaborazione tra oncologi di cure attive, di supporto e palliative: principio di cura continuativa; collaborazione molto stretta e qualificante tra staff lo medico e staff infermieri. Il Dr. Magarotto ha ribadito che il modello di cura ideale e necessario è quello integrato: a Negrar, nell’ambito del dipartimento oncologico, le procedure di cura verso i pazienti sono vissute in modo continuo senza separazione tra le diverse competenze e/o ambiti di cura. Questa strategia è una effettiva concretizzazione della Legge 38 nonché del Piano Oncologico Nazionale, che parla specificamente di Cure Continuative. Nello specifico, all’interno del Piano si identifica un livello base di competenze, che deve essere bagaglio comune a tutti i medici oncologi; la necessità di integrazione è tanto maggiore quanto più il paziente avanza verso lo stadio terminale della malattia: occorre intervenire integralmente ben prima di questo momento. Recentemente, il New England Journal Medicine ha confermato che le cure precoci integrate hanno un impatto positivo sulla sopravvivenza. Per quel che riguarda l’Italia, AIOM ha creato un “tavolo di lavoro” che riunisce tutti i 17 centri accreditati ESMO: tra le varie iniziative, l’organizzazione di corsi per implementare la cultura della prevenzione e la gestione dei sintomi, in modo da avere almeno un medico in ogni Centro che raccoglie maggiori informazioni da passare poi al resto del team di cui fa parte.
Altro punto esaminato: la chemioterapia a fine vita (ultimi 3 giorni). Questa strategia di cura (a volte un po’ ottimistica) vede una riduzione all’interno del modello di cura integrato (a negra nel 2010 12%): questo vuo dire che la valutazione prognostica è migliorata e si riesce a comprendere meglio quando il paziente può effettivamente beneficiare ancora di questa terapia. Il centro di Negrar, inoltre, è all’avanguardia anche nel campo del supporto ai familiari (grazie alla collaborazione anche con l’Associazione “Sorriso di Beatrice”) e in tutte le iniziative di condivisione e di continuità della cura, compreso il periodo di follow-up.
La Dr. Teresa Zuppini, Direttore Servizio Farmacia Ospedaliera di Negrar, nella sua relazione dal titolo “ L’integrazione fra oncologo e farmacista nel piano di cura, per abattere il rischio clinico” ha esaurientemente spiegato quali sono le strategie adottate per controllare tutto il processo di attribuzione e somministrazione dei farmaci. Ha soprattutto evidenziato qual è il processo per ridurre il rischio clinico, per evitare errori di dosaggio in corso di somministrazione dei farmaci: gestire il rischio clinico significa innanzitutto identificare, analizzare e prevenire gli errori di dosaggio, della periodicità di somministrazione e del volume del diluente. Per ottenere risultati ottimali a Negrar si lavora in gruppo, per ridurre la percentuale di errori e per il bene del paziente. Il compito prioritario della farmacia oncologica è quello di applicare la qualità come obbligo istituzionale e dare garanzie di sicurezza e di mantenimento del benessere psico-fisico dei pazienti. Un sistema complesso come quello in cui è coinvolta la farmacia oncologica comporta maggiori rischi e, quindi, maggiore deve essere l’attenzione e lo scrupolo di controllo e di verifica costanti. La conoscenza delle cure riduce il rischio di incorrere in errori di terapia: ecco perché è di fondamentale importanza il team multidisciplinare e l’informatizzazione di tutto il processo (con investimenti cospicui in tecnologie, come l’utilizzo del codice a barre per tutti i farmaci). Queste strategie legano in un corpo unico il paziente a tutti i membri del team. Da qui nasce la sempre più considerevole interdipendenza e il costante confronto tra medico oncologo e farmacista: grazie a questo nuovo modo di lavorare si crea un unico mondo terapeutico per lavorare insieme a favore del paziente. Il software approntato costringe a uniformare, a cercare criteri di identificazione univoca dei preparati ed è alla base del rapporto medico-farmacista e, oltretutto, risponde ai requisiti internazionalmente richiesti. Nel team è altrettanto fondamentale il coinvolgimento del personale infermieristico, che è specificamente formato e preparato per la conoscenza delle procedure terapeutiche e la corretta somministrazione dei farmaci antiblastici. Oltre a questo, Negrar ha già messo a punto una specifica procedura per il coinvolgimento terapeutico del paziente e di chi lo assiste, soprattutto in corso di terapia orale. Cure altrettanto scrupolose e specifiche sono previste nell’ambito della terapia del dolore, di farmaci ancillari e della nutrizione.
Le dottoresse Katia De Santi (psichiatra), Elena Bertani e Laura Morini (psicologhe) hanno illustrato le strategie messe in atto per il “Supporto psicologico combinato nelle cure palliative: ai pazienti e ai familiari”. I pazienti in cura oncologica mostrano patologie di diverso grado ed entità, sia ad inizio di terapia che in corso di malattia (ansia, depressione di diverso grado, aumento della percezione del dolore, ecc). Il supporto psicologico ai pazienti è costante e si avvale della stretta collaborazione con tutti gli operatori. Il medico psichiatra è in reparto almeno una volta a settimana: si parte con la riunione dell’equipe e si prosegue con il giro visite congiunto per comunicare al paziente la multidisciplinarietà dell‘approccio terapeutico. Nel reparto di cure palliative si parte dal colloquio iniziale, che segna la presa in carico del paziente, sia per la terapia farmacologica che per i successivi colloqui. Questo vale anche per i pazienti in regime di Day Hospital. La Dr. Bertani ha poi sottolineato quanto le malattie di lunga durata comportino per i familiari del paziente una serie di disagi e di difficoltà oggettive, che possono procurare tensioni e peggiorare la qualità della vita. Per queste ragioni, si è messo a punto un adeguato intervento rivolto ai familiari, in modo da facilitare la loro azione di supporto verso il paziente. Sono svariati gli interventi per ridurre il carico emotivo e per limitare e contenere gli effetti secondari/patologici della malattia: fornire strategie per migliorare la comunicazione, insegnare tecniche di gestione dell’ansia, facilitare la creazione di una rete tra familiari, imparare il supporto al paziente in fine vita. La Dr. Morini ha illustrato come si struttura l’intervento: viene inizialmente consegnato un opuscolo che contiene tutte le opportune informazioni, insieme a un questionario per la valutazione dei diversi aspetti dell’assistenza familiare e delle eventuali problematiche. Si fanno apposite consulenze individuali -sia al singolo familiare, che al gruppo familiare- con l’obiettivo di contenere e ridurre il disagio emotivo dei familiari e migliorare la qualità della vita, esprimendo e gestendo efficacemente emozioni, ansia, ecc. Il gruppo di supporto psicologico ha anche il compito di tenere i contatti con i servizi territoriali, ove necessario, per la presa in carico da parte degli specialisti.
Martina Oliboni, Caposala U.O.C. Oncologia di Negrar, ha ben raccontato quale è “Il ruolo dell’infermiere nel sostenere la qualità della vita dei pazienti: l’esperienza di Negrar”. Partendo dall’etimologia della stessa parola base “Assistere”, che significa “stare accanto” come specifica attitudine alla ricettività, Oliboni ha evidenziato che il bisogno di assistenza riflette tutte le necessità primarie, costitutive della persona umana. Il concetto più importante è quello di Simultaneous Care , vale a dire una modalità di approccio fatta di presenza quotidiana, che tende a non lasciare mai il paziente solo. Questo approccio integrato può esistere solo in un clima di alleanza terapeutica, che riflette uno specifico modello organizzativo centrato sul paziente, non più considerato una “cartella clinica” ma una persona con una sua storia individuale di cui tener conto. All’interno di questo modello, è fondamentale sia la continuità della informazione e della formazione degli infermieri per un’implementazione delle competenze, sia il modello di integrazione precoce tra cure in corso di malattia acuta e stadio palliativo. Altro punto di eccellenza a Negrar è l’educazione terapeutica del paziente in corso di terapia orale chemioterapica. Si forma specificamente il paziente al rischio clinico senza farlo mai sentire solo, con un costante follow-up telefonico per il monitoraggio della corretta assunzione dei farmaci. A tal fine, viene fornito anche un diario, alla cui compilazione il paziente viene formato: questa strategia oltre a ridurre errori in corso di terapia, ottiene il benefico effetto di empowerment del paziente. La malattia comporta al paziente un enorme carico di emozioni (paura, solitudine, senso di peso per la famiglia) e, quindi, è di per sé un’esperienza olistica. In quest’ottica, è importante che l’infermiere riesca a entrare in relazione con il vissuto della persona e della sua famiglia anche attraverso il “tocco”, in senso letterale: un massaggio eseguito dall’infermiere come specifico atto terapeutico pratico che aiuta il paziente a ricostruire l’immagine frammentata del proprio corpo (dicotomia tra il proprio corpo/proprio sé prima e dopo la malattia). L’infermiere oncologico, quindi, necessita di più tempo per stare con il paziente e costruire con lui una relazione, che diventa parte integrante del proprio agire terapeutico. La terapia della sofferenza deve tenere conto che il dolore, e la percezione del proprio dolore, coinvolge interamente tutto il sistema psico-fisico. L’approccio multidisciplinare e la valutazione multidimensionale sono fondamentali per venire incontro alle esigenze del paziente e della famiglia. Per queste ragioni, la valutazione del dolore viene eseguita dallo staff 2 volte al giorno e, anche qui, il paziente viene coinvolto e specificamente formato alla propria auto-valutazione, trasformandolo da passivo in attivo, in soggetto competente. Tutto questo collabora alla ricerca di senso da parte del paziente, per aiutarlo ad arrivare alla fine con un fine. In questo senso, sono considerate e approntate anche tutte le strategie di continuità terapeutica a domicilio e la comunicazione continua tra ospedale e servizi di assistenza sul territorio. Da parte dell’infermiere, tutto questo comporta un maggior coinvolgimento (anche emotivo), che però ha fin ora dato solo esiti positivi.
La giovane neo-laureata in Scienze Infermieristiche dr. Francesca Pisani, ha esposto brevemente alcuni punti della sua tesi di laurea, che proponeva uno studio nel quale si evidenziava il positivo ruolo della comunicazione digitale, e di Internet in particolare, per i pazienti oncologici. I gruppi di supporto tra pari -come quello fornito dal sito www.perunavitacomeprima.org unico esempio in Italia- forniscono sostegno attraverso la condivisione del vissuto di malattia. Questo migliora il coping, diminusce il senso di solitudine e porta benefici reciproci ai pazienti che si collegano e che comunicano attraverso questo canale.
La sezione del convegno dedicata alle testimonianze di pazienti o di ex-pazienti – “Il coraggio di ripartire”- quest’anno è stata particolarmente emozionante e coinvolgente. Abbiamo potuto ascoltare storie che sono un dono di grande valore.
Il Dr. Roberto Magarotto ha fatto precedere gli interventi con un ricordo particolarmente toccante di Sabina , che si è spenta lo scorso 13 Maggio. Sabina ha ricevuto la diagnosi di carcinoma al colon, già metastatizzato al fegato, mentre si trovava al 4° mese di gravidanza. Ha scelto di non abortire e di portare a termine la gravidanza. Il parto è avvenuto con cesareo alla 30ma settimana. Sabina è stata un mese in rianimazione e in deroga a tutte le regole di terapia intensiva, la culla del bambino le è stata posta accanto. Quando è uscita dalla terapia intensiva, Sabrina ha potuto (seppur con dolore e fatica) tenere tra le braccia il suo bambino e dopo appena un mese è spirata, con la serenita’ che le derivava dall’ aver compiuto la missione della sua vita : aver salvato la vita del piccolo Riccardo !
Non è lecito aggiungere alcun commento alla storia di questa donna, che ha lasciato in tutti noi un forte segno per tutto il resto della giornata.
La storia che è seguita, quella raccontata dalla viva voce di Mario Grazioli, vorrei poterla trascrivere tutta, parola per parola (ma penso che sarà fatto a breve e che la troverete sul sito). Ascoltare Mario è stato per noi tutti un grande privilegio e un grande insegnamento. Penso sinceramente che dobbiamo essergli grati di averci fatto dono delle sue profonde riflessioni: sul senso della sua scelta di accedere a una terapia sperimentale, senza alcuna certezza di guarigione, ma con la volontà di darsi tempo per prepararsi adeguatamente al suo cambio di stato: “considero un privilegio il fatto di avere ricevuto questo “avviso di chiamata”, ho avuto il tempo di prepararmi”; sul senso di abbandono sereno e consapevole di una vita professionale e personale ricca di sfide e di emozioni; sul senso di libertà che queste scelte, al contrario di quanto forse persino lui stesso pensava, comportano e della percezione di una vita nuova, diversa e, per certi versi più ricca (e qui, in certo modo, conferma solo ora la sua comprensione della scelta del titolo del sito -per una vita come prima- e insieme del suo essere in disaccordo -per una vita meglio di prima?-). Oggi, incredibilmente, si trova ad aver superato il traguardo delle 134 terapie con farmaco innovativo, che sta sostenendo bene e senza gravosi effetti collaterali. Ha perfino ricevuto una richiesta di consulenza, che ha scelto di accettare con entusiasmo crescente, “fino talvolta a dimenticare di essere un ammalato in cura”. Mario ha chiuso il suo intervento con un caldo ringraziamento al Prof. Venturini, al Dr. Magarotto e a tutti gli altri medici e infermieri dello staff (che ha nominato uno per uno).
Pierpaolo Betteto ha raccontato brevemente la sua storia (che trovate sul nostro sito) e ha aggiunto alcune importanti informazioni per chi si trova oggi all’inizio di un percorso di malattia oncologica. Primo fra questi: NON GOOGLARE! Cioè non incorrere nella tentazione di andare a cercare su Internet tutte le informazioni possibili sul proprio tipo di cancro, la stadi azione, le terapie corrispondenti o possibili, ecc. Il rischio di incorrere in siti che prospettano terapie falsamente miracolose è elevatissimo e rischiosissimo. Meglio rivolgersi a sportelli specificamente dedicati ai malati, come il nuovo servizio telefonico “CHIAMA!” (www.chiama.org) : un servizio di informazione al
cittadino, il cui scopo è promuovere e
agevolare la comunicazione sulle cure
per le diverse tipologie di tumori.
Il progetto nasce in collaborazione con
l’Istituto Oncologico Veneto ed è
patrocinato dalla Regione Veneto. Chiama! fornisce informazioni su:
▪ diagnosi e cura;
▪ servizi offerti dall’Istituto Oncologico Veneto;
▪ centri di alta specializzazione riconosciuti nella Regione Veneto;
▪ servizi offerti dalle associazioni di volontariato;
▪ servizi di sostegno psicologico;
▪ indicazioni pratiche per il cittadino, diritti e servizi sociali;
▪ programmi di prevenzione.
Dall’altro capo del telefono chiunque ne avesse bisogno trova un gruppo di professionisti volontari composto da ex-pazienti, infermieri, psicologi ed altre figure professionali, pronti a rispondere e ad ascoltare. Chiama! non fornisce consulenze mediche dirette e può essere utile anche per imparare a vivere da follow-upper, simpatica neo- espressione che Paolo ci ha regalato.
Sonia Scarpante, a partire dalla sua diretta esperienza di malato di cancro (al seno) già 13 anni fa, ha cambiato la sua vita attraverso l’esperienza di scrittura. Dopo aver pubblicato alcune raccolte di poesie e il libro “Non avere paura - Conoscersi per curarsi” Ed. S. Paolo 2010, ha intrapreso un nuovo progetto di vita che la vede attiva con successo sia in campo teatrale, che come docente di corsi di scrittura terapeutica presso la Fondazione Giancarlo Quarta Onlus a Milano.
L’attrice Flaminia Fegarotti, che doveva raccontare personalmente la sua esperienza di malattia, non ha purtroppo potuto prendere parte al convegno, a causa di improvvisi impegni professionali. In sua assenza, è stato proiettato il video estratto dalla trasmissione Matrix, che potete vedere anche sul sito.
Carletto Tondelli, impossibilitato a parlare dopo l’ultimo intervento alla laringe a seguito di una nuova presenza tumorale seguita a quella iniziale ai polmoni, ha affidato al Dr. Roberto Magarotto la sua testimonianza, che ci rimanda la sua volontà di esserci e di continuare a lottare per ricordare che si può e si deve sempre trovare il coraggio di ripartire, fino alla fine.
Il pomeriggio si è poi chiuso con le ultime due relazioni sul tema “Gesti di cura, alla ricerca di un senso”. Introdotte da Dr. Magarotto, hanno esposto le loro relazioni la Dr. Patrizia Brugnoli e la Dr. Anna Luisa Frigo.
La Dr. Patrizia Brugnoli, Fisioterapista Ospedale Careggi(Fi), ci ha parlato dei “Gesti di cura in fisioterapia riabilitativa” in oncologia. Nel 2007 è uscito il Libro Bianco sulla riabilitazione oncologica. In altri Paesi, ad es. l’Inghilterra, la riabilitazione è parte integrante del percorso di cura. Gli obiettivi che ci si deve porre in fisioterapia oncologica si riassumono principalmente nell’importanza dell’accompagnamento, cioè dell’adeguamento del trattamento all’avanzare della malattia per un ripristino e mantenimento del maggior grado di autonomia possibile. Bisogna partire dall’individuazione dei bisogni reali del paziente. Nel gesto di cura, porre l’attenzione sul significato del contatto: si crea un ponte fra terapeuta e il paziente, con le sue aspettative di riconoscimento dei propri bisogni. Si instaura un ponte naturale che consente di entrare in contatto unendo professionalità a umanità. Il primo passo è sempre e comunque l’ascolto, verbale (parole, tono di voce)-non verbale (corpo, gesti) – tono non verbale in generale. Il secondo è il contatto fisico con la persona. Il terzo è al comunicazione tra operatori. La dimensione professionale non deve escludere l’affettività dal proprio servizio: un gesto di cura indirizzato alla persona attraverso il corpo non può essere solo tecnicamente corretto e di alta qualità professionale, ma deve integrarsi al rapporto umano/affettivo perché sia veramente un gesto di cura-che cura.
La Dr. Anna Luisa Frigo, Dirigente Medico Oncologia Ospedale S. Polo-Monfalcone, ha affascinato e commosso la sua audience con la relazione dal titolo “Alla ricerca di un senso (accanto, nel limite…)”. Affascinato, perché i concetti esposti erano portati attraverso immagini efficaci di opere d’arte, poesie o le due cose insieme. Commosso, perché la sincerità della ricerca interiore della dottoressa Frigo, come medico oncologo e come individuo, traspariva da ogni sua parola. La dr. Frigo ha contribuito nel 1985 alla fondazione del comitato Andos, e seppur inizialmente specializzata in ginecologia, si è trovata “condotta” da vicende personali e professionali sulla strada dell’oncologia e poi, con una precisa e consapevole scelta, sul percorso di cure ai morenti.
Confesso che mi riesce difficile riportare questa relazione per punti: come dicevo, quello che ci è stato dato è più un insieme di suggestioni, di impulsi riflessione o di meditazione, che non una semplice serie di dati o di concetti. Qui di seguito, solo alcuni dei bellissimi impulsi ricevuti.
La vita oltre la vita, è un interrogativo che si ritrova in tutte le persone, come denominatore trasversale attraverso le culture e le fedi.
Così come ci ha ben esposto Viktor Frankl, risignificare il significato della morte e della propria vita, significa non abbandonare mai la speranza.
Dentro il dolore (citazione del testo “Dentro il dolore” di Giovanni Marchioro, Franco Angeli Ed.) occorre trovare spazi in cui riflettere su di sé.
La medicina di cure palliative deve necessariamente comprendere anche l’accompagnamento spirituale, che però non può essere mai improvvisato. L’operatore deve saper potenziare lo “sguardo del cuore” (bellissima immagine!, ndr).
Per affrontare questo percorso di cura come terapeuti occorre tenere presente che siamo tutti guaritori feriti di fronte a chi muore.
Rossella Marsala
:::::: Creato il : 28/05/2011 da Magarotto Roberto :::::: modificato il : 29/05/2011 da Magarotto Roberto ::::::